IL CORRIERE DELLA SERA
Adozioni gay, scontro tra ministri
Orlando a Costa: decidono i giudici
Il Guardasigilli: in Italia ci sono oltre 300 ragazzi che non vengono accolti da nessuno
ROMA. La polemica sulle adozioni per le coppie omosessuali non si spegne e due ministri del governo — Andrea Orlando della Giustizia e del Pd ed Enrico Costa della Famiglia e di Ncd — litigano a distanza sulla possibilità che a decidere in questa materia siano i giudici.
Costa tre giorni fa aveva aperto la polemica sulle coppie omosessuali: «Non può rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta». E poi aveva spiegato: «Ora che c’è una norma chiara che esclude la stepchild adoption, i giudici non possono più decidere come hanno fatto fino a oggi».
Il ministro Orlando non ha incassato in silenzio. Ieri, infatti, è stato in audizione in commissione Giustizia della Camera e sciorinando dati ha ricordato due cose, importanti: «Che in Italia ci sono 300 minori adottabili che nessuno adotta», perché sono minori con problemi particolari. Ma che sono in calo persino le adozioni internazionali, quasi a voler dire: perché si fa tanta polemica sulle adozioni, quando le coppie adottanti non sono mica così tante?
Quello che poi realmente dice il ministro Orlando rispondendo al suo collega di governo Costa è chiaro: sulle adozioni i giudici devono decidere caso per caso.
Ovvero, detto con precisione: «Siamo in un campo in cui è la legge che chiede al giudice di apprezzare il caso concreto, la legge non dà una soluzione che prevede un automatismo, ma è il giudice che deve valutare la particolare situazione per poter stabilire al meglio la valutazione della continuità affettiva del minore. La legge non dice e chiede al giudice di dire».
Parole, quelle del ministro della Giustizia, che non lasciano adito al dubbio. Eppure, dando seguito alle parole del ministro della famiglia Costa dell’altro giorno, ci hanno pensato un po’ tutti gli esponenti parlamentari di Area popolare a rinfocolare le polemiche.
Maurizio Lupi, capogruppo di Ap alla Camera: «Il giudice emette sentenze nel nome del popolo italiano, non in nome suo proprio, e il popolo italiano sulle adozioni per le coppie omosessuali si è espresso chiaramente attraverso un voto del Parlamento, che le esclude».
Ma la verità è che la legge sulle unioni civili approvata alla Camera lo scorso 11 maggio, ribadisce la possibilità di fare adozioni «speciali», anche nel caso di coppie omosessuali. Lo ha ricordato chiaramente Monica Cirinnà, la senatrice madrina della legge, ieri ai microfoni del programma di Radio2 Un giorno da pecora.
C’è un punto del maxi emendamento del governo approvato prima dal Senato poi dalla Camera, che è poi la nuova legge Cirinnà: «È il punto 20 del maxi emendamento approvato dal governo», ha detto la senatrice. E ha spiegato: «In quel punto si dice, esplicitamente: “Restano applicabili per i magistrati tutte le leggi in materia di adozioni”. E questo vuol dire a cominciare dalla legge 184 del 1983, già usata dai magistrati per applicare, ad esempio, la stepchild adoption alle coppie omosessuali. Lo ha fatto, più volte, il tribunale di Roma, e una di queste sentenze è arrivata anche al secondo grado di appello».
Ha spiegato ancora Cirinnà: «Il fatto è che quando avevo scritto l’articolo 5 della legge sulle unioni civili, quello che conteneva la stepchild , avevo considerato in tema di adozioni speciali (articolo 44 della legge) per le coppie omosessuali lo stesso tipo di trattamento delle coppie eterosessuali (comma 1, lettera B). Quando la stepchild adoption è stata stralciata dalla legge, questa equiparazione è stata cassata. Ma nessuno ha cassato la legge esistente: è quella che per le coppie omosessuali si basa sulla lettera D dello stesso comma 1 dell’articolo 44