IL SOLE 24 ORE
Giustizia. Le toghe in stato di agitazione per la riforma penale, il Dl sulla proroga delle pensioni e le carenze di personale
Legge di bilancio, test Anm-governo
Sab. 29 – ROMA. Aspettando la legge di bilancio… il primo «banco di prova» degli impegni assunti dal premier Renzi nei confronti dell’Anm. Che ieri ha deciso di proseguire lo stato di agitazione in corso per protestare contro alcune norme della riforma della giustizia penale, contro la fulminea conversione in legge (con fiducia) del decreto che ha prorogato di un anno l’età pensionabile delle sole posizioni apicali della Cassazione e contro la carenza di risorse umane e materiali che stanno portando gli uffici giudiziari alla «paralisi». «Credo che la disponibilità del Presidente del Consiglio sia stata vera ma non possiamo abbassare la guardia» ha detto ieri il Presidente dell’Anm Piercamillo Davigo durante la riunione del Comitato direttivo centrale convocato per fare il punto della situazione e delle iniziative di protesta alla luce dell’incontro dello scorso 24 ottobre con Renzi e il ministro della Giustizia Andrea Orlando. «Le aperture ci sono state – ha confermato il segretario Francesco Minisci – è indubbio, ora aspettiamo risposte in tempi rapidi».
La legge di bilancio è considerata un «banco di prova» anche in via Arenula, dove si attende che nell’articolato trovino posto non solo alcune misure già passate in Consiglio dei ministri per implementare l’efficienza della giustizia (come il Fondo strutturale di un miliardo e mezzo per tre anni per la modernizzazione tecnologica e informatica degli uffici) ma anche quelle «aperture» fatte da Renzi all’Anm per sbloccare le assunzioni del personale amministrativo (mancano 9mila cancellieri) dal vincolo della mobilità obbligatoria. «La legge di bilancio può essere un veicolo» si dice nell’entourage del ministro Orlando. Quanto agli altri due capitoli del contenzioso: sulla proroga dei vertici della Cassazione (fatta per decreto, per di più convertito in legge con la fiducia, quattro giorni prima dell’incontro con l’Anm, che l’ha presa come «uno schiaffo in faccia» – Renzi e Orlando hanno parlato di un possibile «aggiustamento», inserendo eventualmente un’apposita norma nel ddl sulla giustizia penale (peraltro bloccato da mesi, e forse fino a dicembre, a causa del referendum); sull’avocazione obbligatoria da parte del procuratore generale delle inchieste in cui il pm non abbia esercitato l’azione penale «entro tre mesi» dal deposito degli atti, l’ipotesi indicata è una modifica da presentare con un emendamento del governo o da «discutere» rimandando il ddl sulla giustizia penale in commissione (il tema è politicamente delicato: basti pensare che l’avocazione obbligatoria è stata introdotta in Parlamento da un emendamento del Pd, poi difeso a spada tratta anche da Ncd). Su quest’ultimo punto, peraltro, Renzi e Orlando hanno chiesto all’Anm di fare una controproposta che, stando a quanto ha riferito ieri Davigo, potrebbe essere quella di far scattare l’avocazione soltanto quando «il ritardo è senza giustificato motivo». Quanto alla fiducia su quel provvedimento «resta l’incertezza».
«Io penso che la disponibilità manifestataci sia stata vera – spiega Davigo – ma poiché non tutto dipende dal governo, perché alcune norme vanno approvate dal Parlamento, non dobbiamo abbassare la guardia». L’«arma più potente e di maggiore deterrenza», dice Davigo, è l’«appoggio» dell’Anm ai ricorsi al Tar dei magistrati discriminati dall’abbassamento drastico e repentino dell’età pensionabile (da 75 a 70) deciso due anni fa dal governo e dalle successive proroghe, in particolare l’ultima, contro l’ultima proroga, sollevando la «pregiudiziale comunitaria per far disapplicare le norme di questi provvedimenti. E siccome c’è già un precedente della Corte Ue favorevole su casi analoghi (riguardante l’Ungheria, che è stata condannata), Davigo prevede «conseguenze dirompenti». In ogni caso, il Parlamentino dell’Anm si rivedrà il 18 novembre per verificare se alle parole sono seguiti i fatti. Parole come quel «Non mi sembra giusto» detto da Renzi quando ha saputo che i magistrati ordinari guadagnano meno dei colleghi amministrativi e contabili, e che il premier ha autorizzato l’Anm a riferire.
Il comunicato finale dell’Anm contiene però un punto inedito, destinato a infuocare i rapporti con gli avvocati, oltre che con Renzi e Orlando: il no netto alla partecipazione degli avvocati ai Consigli giudiziari per le valutazioni professionali dei magistrati. Un’«apertura» che Renzi e Orlando avevano fatto, stavolta, agli avvocati, ma che non piace assolutamente alle toghe. Donatella Stasio