IL SOLE 24 ORE
Il nuovo Codice. Amministrazioni alle prese con avvisi pubblicati dopo il 19 aprile
Appalti, bandi da revocare se c’è il massimo ribasso
L’entrata in vigore immediata del nuovo Codice degli appalti sta causando un generale disorientamento negli enti appaltanti e negli operatori, a causa della mancanza di un’adeguata disciplina transitoria (pericolo da tempo segnalato da questo giornale, si veda da ultimo Il Sole 24 Ore del 22 aprile). Non appare idonea allo scopo la complessa normativa contenuta nell’articolo 216, diretta a regolamentare il passaggio tra il vecchio e il nuovo regime. Essa lascia, infatti, in vita “pezzi” del vecchio regolamento in attesa dell’emanazione delle linee guida dell’Anac e di una nutrita serie di provvedimenti attuativi, imponendo agli enti appaltanti una complicata attività di ricostruzione sistematica.
Nel contempo, lo stesso articolo 216 stabilisce una linea di cesura netta tra il vecchio e il nuovo regime: solo le procedure i cui bandi sono stati pubblicati prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice – cioè entro il 18 aprile – possono continuare a svolgersi con le vecchie regole, mentre quelle che hanno origine in bandi pubblicati dopo tale data devono seguire le nuove regole.
La conseguenza di questa impostazione è evidente (ed è stata ribadita dal Comunicato congiunto Anac-Mit): i bandi pubblicati a partire dal 19 aprile che contengono previsioni in contrasto con le norme introdotte dal decreto legislativo 50/2016 devono essere revocati e vanno ripubblicati dopo averli resi aderenti alle nuove norme.
L’applicazione di questo principio impone alle stazioni appaltanti un’analisi puntuale dei contenuti dei singoli bandi per verificare se e in quali punti essi eventualmente confliggano con la nuova disciplina e vadano quindi corretti. Si tratta di un’analisi per nulla agevole, posto che deve essere operata con riferimento a tutte le singole disposizioni del nuovo Codice.
Vi sono tuttavia alcuni specifici aspetti in cui il possibile conflitto appare immediato e insanabile. Il primo è quello relativo all’utilizzo dell’appalto integrato di progettazione ed esecuzione, da affidare sulla base di un progetto preliminare o definitivo. Questa tipologia di appalto non è più ammessa dal decreto legislativo 50/2016: di conseguenza, se un bando pubblicato dopo il 18 aprile prevede l’affidamento di un appalto integrato, l’ente appaltante lo deve revocare, dotandosi di un progetto esecutivo e solo dopo potrà ripubblicare il bando per l’affidamento di un appalto di sola esecuzione (unica tipologia oggi consentita).
Il secondo profilo riguarda i criteri di aggiudicazione. Con le nuove norme il criterio del prezzo più basso (oggi ridefinito del minor prezzo) è utilizzabile solo per i lavori fino a un milione di euro e per le forniture e i servizi sottosoglia o con caratteristiche standardizzate. Pertanto, qualora un bando pubblicato dopo il 18 aprile preveda il ricorso a questo criterio di aggiudicazione al di fuori delle ipotesi indicate, andrà revocato. Il nuovo bando da ripubblicare dovrà prevedere l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con i conseguenti criteri di valutazione e il peso ponderale attribuito a ciascuno di essi.
Il terzo profilo attiene al subappalto. Le nuove norme prevedono che il ricorso al subappalto debba essere espressamente consentito nel bando di gara, che per le opere superspecialistiche non possa superare il 30% dell’intero importo dei lavori e che per gli appalti sopra soglia sia individuata già in sede di offerta la terna di subappaltatori. Nessuna di queste previsioni è contenuta nella vecchia disciplina. Di conseguenza, un bando pubblicato dopo il 18 aprile, non contenendo le indicazioni richiamate, dovrà essere revocato, integrato nei termini previsti dal nuovo Codice e ripubblicato. Roberto Mangani