ITALIA OGGI
La riforma del Codice appalti generalizza il ricorso alla procedura negoziata per semplificare
Appalti, l’invito sarà la norma
Servizi e forniture fino a 150 mila: l’80% verrà affidato
Affidamenti a trattativa privata, senza gara, con scarsa qualità delle prestazioni; mancata rotazione di incarichi e costi lievitati. Sono questi alcuni dei di punti che emergono dalla lettura della delibera dell’Autorità nazionale anticorruzione n. 207 del 2 marzo 2016 sulla gestione degli appalti a Roma nel periodo 2012-2014.
Le risultanze dell’approfondito lavoro dei tecnici di Raffaele Cantone fanno riflettere anche in relazione alle scelte che il governo sta compiendo con il nuovo Codice appalti, un provvedimento che punta su una forte semplificazione procedurale cui dovrebbe fare da contraltare un sistema incisivo di vigilanza e controlli, favorito anche da più alti livelli di trasparenza e pubblicità degli affidamenti. Si tratta di una vera scommessa, molto coraggiosa, che però alla luce dei recenti comportamenti di un comune come Roma, potrebbe rivelarsi molto azzardata.
In estrema sintesi, il primo punto che l’Anac segnala nella delibera è quello dell’utilizzo della procedura negoziata. L’analisi si era già concentrata nei mesi scorsi su un rilevante campione: 1.850 procedure negoziate (pari al 10% del totale) espletate nel periodo 2012-2014; nella seconda fase ne sono state selezionate 36 che sono state sottoposte a ulteriori approfondimenti. Fra la prima e la seconda fase ispettiva, però, si sono avute soltanto conferme di quelli che Anac segnala come «rilevanti profili di criticità e comportamenti delle strutture gestionali di Roma Capitale in contrasto con le normative ed i regolamenti attuativi vigenti».
L’elemento di maggiore rilevanza attiene alla carenza o al difetto di motivazione dei presupposti per il ricorso alla procedura negoziata oggi disciplinata dall’articolo 57 del Codice dei contratti pubblici; i casi che l’Autorità segnala sono quelli in cui l’affidamento è determinato da fattispecie definite di estrema urgenza ma, in generale, si può rilevare come la procedura negoziata senza bando a Roma fosse divenuta la prevalente modalità di affidamento dei contratti, per tutti i tipi di appalto, insieme agli affidamenti diretti o in economia. A tale riguardo, e in prospettiva, il nuovo Codice appalti sembra muoversi non coerentemente visto che, per servizi e forniture, generalizza il ricorso alla procedura negoziata con invito a tre fino a 150 mila euro e con verifica dei requisiti sul solo aggiudicatario; si parla di un numero elevatissimo di affidamenti (quasi l’80%) in cui la procedura negoziata ad inviti diventerà un sistema generale e non, come dice anche la giurisprudenza europea, eccezionale.
A ciò si aggiunga che il decreto conferma che, fino a 40 mila euro, la scelta può avvenire in via diretta. Su questo punto la delibera evidenzia una generale violazione dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, per esempio, negli affidamenti di servizi sociali e socio-sanitari e un improprio ricorso all’affidamento diretto di servizi a cooperative sociali.
In sostanza quindi, si denunciano «le ricadute negative sulla qualità delle prestazioni, l’incremento dei costi, per la lesione della concorrenza, come effetto della sottrazione alle regole di competitività del mercato di una cospicua quota di appalti, affidati per la maggior parte senza gara».
È lecito domandarsi se il nuovo Codice riuscirà a impedire il ripetersi di questi comportamenti, assunti con le più vincolistiche norme attuali. Molto dipenderà dall’incisività dell’azione di vigilanza ex ante («collaborativa») ed ex post (ispettiva) dell’Anac. Il nuovo Codice sembra incentivare la discrezionalità delle amministrazioni. La speranza è che non si tramuti in arbitrio. Andrea Mascolini