IL SOLE 24 ORE
Opere pubbliche. Il relatore Stefano Esposito (Pd) chiede all’esecutivo di adeguarsi al parere parlamentare su massimo ribasso e subappalti
«Codice appalti, il governo ascolti le Camere»
Il contribuente considerato responsabile della correttezza dei dati
Sab. 10 – Roma. Il nuovo codice degli appalti è all’ultimo passaggio, l’approvazione definitiva del Consiglio dei ministri che arriverà all’inizio della settimana, probabilmente martedì. Per il 18 aprile, termine della doppia scadenza della delega legislativa e del recepimento delle direttive Ue 23, 24 e 25 del 2015, il provvedimento dovrà aver avuto anche la bollinatura della Ragioneria, la firma del presidente della Repubblica e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Il rispetto del termine europeo è stato, fin dall’inizio, un’indicazione netta del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il governo ha ricordato anche nel Def l’importanza del codice appalti per rilanciare gli investimenti in infrastrutture. A Palazzo Chigi e al ministero dei Trasporti? si mette a punto la stesura finale del decreto legislativo, attuativo della delega prevista dalla legge 11/2016, tenendo conto dei tre pareri approvati dalla Conferenza Stato-Regioni, dal Consiglio di Stato e dalle due commissioni parlamentari competenti, la commissione Lavori pubblici del Senato e la commissione Ambiente della Camera.
I tre pareri non sono, però, tutti sullo stesso piano. «Mi aspetto – dice Stefano Esposito, relatore al Senato del parere parlamentare e della legge delega, pd, renziano, uno dei padri del nuovo codice – che il governo si adegui alle indicazioni parlamentari con cui abbiamo integrato e arricchito il lavoro svolto dal governo partendo dai principi della legge delega. Su alcuni punti, penso al massimo ribasso, al subappalto e alla centralità del progetto, il testo del governo va ravvicinato a quei principi. Il rapporto fra Parlamento e governo è stato finora virtuoso e per la prima volta nella storia repubblicana su un provvedimento tanto importante Camera e Senato hanno espresso un parere identico e a larghissima maggioranza. Questo significa che il governo ora ha il compito di recepire il parere del Parlamento e che i margini di scostamento sono, a mio avviso, davvero molto ridotti. Ovviamente il governo decide in autonomia ma si assume anche la responsabilità di quel che decide rispetto a una indicazione netta del Parlamento».
Esposito aggiunge che «con la collega Mariani (relatrice del provvedimento alla Camera, anche lei pd, ndr) abbiamo messo in campo gli strumenti per ridurre i problemi che hanno afflitto il settore negli ultimi anni, a partire dai tempi lunghi e dai costi esorbitanti, per non parlare della corruzione che ha riguardato questo settore in modo particolare».
«Sosteniamo un governo? – dice ancora Esposito – in cui il presidente del Consiglio annuncia di voler sbloccare le opere e io le voglio sbloccare. E le voglio sbloccare risolvendo i problemi fondamentali che denunciamo da anni. Chi parla di periodo transitorio per evitare che entrino in vigore subito norme fondamentali come quelle sul massimo ribasso vuole solo affossare la riforma». Una risposta polemica, in perfetto “stile Esposito”, a chi, come Conferenza delle Regioni, Anci e Ance, nei giorni scorsi aveva denunciato che la cancellazione del massimo ribasso per tutti i lavori sopra i 150mila euro (la soglia nel testo varato dal governo era di un milione) potrebbe paralizzare il settore perché la gran parte delle piccole stazioni appaltanti non è in grado di organizzare in tempi rapidi i criteri e le commissioni per l’offerta economicamente più vantaggiosa. Da imprese e amministrazioni era arrivata l’indicazione opposta a quella parlamentare, di alzare la soglia da 1 a 2,5 milioni. «Sono anni – dice Esposito – che in ogni analisi e a ogni convegno ci sentiamo dire che il massimo ribasso è il peggiore di tutti i mali, che ha favorito sconti di prezzo assurdo e che ha penalizzato le imprese virtuose. Ora che finalmente si cambia, si chiede ipocritamente di soprassedere. Applicare una soglia che escluderebbe l’applicazione del nuovo principio dall’84% delle gare, o addirittura alzarla per escludere il 90%, svuoterebbe un principio-chiave della riforma che il Parlamento ha votato quasi all’unanimità». Giorgio Santilli