IL SOLE 24 ORE
Professioni. La Cassazione conferma la linea aperta sull’iscrizione all’elenco speciale
All’«abogado» non è richiesto il requisito dell’onorabilità
La verifica etica solo al passaggio nell’albo principale
Sab. 5 – MILANO. Nuovo via libera della Cassazione all’ingresso di «abogados» italiani. La verifica dei presupposti degli “abilitati all’estero” deve fermarsi all’iscrizione «presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro d’origine», non potendo sconfinare in altre valutazioni discrezionali o fattuali. Unico limite opponibile all’avvocato “rientrante” è l’abuso del diritto, per esempio l’essersi abilitato all’estero dopo una precedente cancellazione/radiazione in Italia.
Le Sezioni Unite civili (4252/16) hanno accolto il ricorso di un professionista milanese che per due volte si era visto rifiutare l’iscrizione all’elenco speciale. Sia l’ordine lombardo sia il Consiglio nazionale forense in appello avevano infatti eccepito il difetto di una condotta «specchiatissima e illibata», collegata a una precedente condanna per falso materiale e contraffazione di pubblici sigilli. Il Coa milanese, partendo proprio dalla condanna detentiva (10 mesi), aveva rifiutato l’iscrizione nell’albo speciale, verdetto confermato dal Cnf secondo cui se la verifica dei requisiti rimanesse agganciata al canone formale Dlgs 96/2001, articolo 6 ciò impedirebbe lo scrutinio delle regole deontologiche in capo al candidato.
Ma il problema, secondo le Sezioni Unite, è proprio qui, visto che il dettato normativo è sin troppo chiaro nello stabilire requisiti e procedura, dentro cui non ha spazio la condotta «specchiatissima e illibata» prevista per gli avvocati italiani. La Cassazione sposta infatti alla fine del triennio di iscrizione nell’albo speciale – e cioè al momento del passaggio nell’elenco principale – l’applicazione di tutta la disciplina sull’onorabilità riconfermata anche dalla recente riforma forense (legge 247/2012).
L’unico peccato non perdonabile all’abogado, scrive la Corte menzionando un proprio precedente (S.U. 15694/15) – è l’abuso del diritto, che resta una «condizione preclusiva».
Non è la prima volta che la Cassazione si muove nel solco dell’integrazione disegnata dalla direttiva europea e recepita nel Dlgs 96/2001. Nel dicembre di cinque anni fa le stesse Sezioni Unite (28340/11) avevano stabilito che l’Ordine non può negare l’iscrizione all’albo riservato agli avvocati comunitari stabiliti al legale italiano che va a laurearsi in Spagna e poi torna per lavorare in patria. La Corte in quel caso aveva escluso qualunque possibilità, sia per gli Ordini professionali sia per il Consiglio nazionale forense, di derogare a quanto previsto dalle norme comunitarie e in particolare dalle direttive 98/5/Ce e 5/36/Ce. Alessandro Galimberti