AVVOCATI: Avvocati, pubblicità nei limiti (Italia Oggi)

ITALIA OGGI

La sentenza del Cnf delimita i confini all’interno dei quali può muoversi il professionista
Avvocati, pubblicità nei limiti
Indicabile l’attività prevalente ma niente autocelebrazione

È deontologicamente scorretto il comportamento dell’avvocato che si «pavoneggia» sulla stampa. La pubblicità professionale, infatti, non può essere né comparativa né autocelebrativa, ma esclusivamente di natura conoscitiva. Il professionista, in sostanza, può provvedere alla sola indicazione delle attività prevalenti o del proprio curriculum. È il principio che emerge dalla sentenza n. 163/2015 del Consiglio nazionale forense, pubblicata il 25 giugno scorso sul portale dedicato.
Nel dettaglio, la colpa dell’avvocato in questione sarebbe quella di aver rilasciato un articolo-intervista per un periodico mensile dove viene enfatizzata più volte la sua capacità professionale utilizzando frasi dal contenuto autoelogiativo come: «la sua grande soddisfazione è quella di aver fondato uno studio che, oltre ad essere diventato un punto di riferimento per i suoi clienti, è una fucina di professionisti»; ancora, un secondo virgolettato attribuito all’avvocato in questione, e nel mirino dell’ordine, è: «io sono sempre in giro per il mondo, passo da un consiglio di amministrazione all’altro, da un collegio sindacale all’altro, mi muovo in continuazione, mi informo e mi documento su ogni cosa, sono curioso di tutto e tengo la mente in perenne ebollizione». Infine: «la stima e il rispetto che si rispecchia in questo studio associato che non è mai stato e non sarà mai un condominio di avvocati, ma una fucina di professionisti dove ognuno dà il meglio di se stesso». In particolare, il Cnf richiama l’art. 18 del codice deontologico forense, laddove prevede, nel disciplinare i rapporti con la stampa, che l’avvocato debba «ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di discrezione e di riservatezza» e che «è fatto divieto di enfatizzare la propria capacità professionale». L’art. 17, invece, stabilisce che l’informazione debba «essere conforme a verità e correttezza», deve «rispettare la dignità e il decoro della professione» e non deve «assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa». La sentenza è anche l’occasione, per il Cnf, di tornare sul decreto Bersani, che se da un lato ha abrogato le disposizioni che non consentivano la pubblicità informativa relativamente alle attività professionali, dall’altro «non ha affatto abrogato l’art. 38, comma 1 del rdl n. 1578/1933, il quale punisce comportamenti non conformi alla dignità e al decoro professionale». Gabriele Ventura

Foto del profilo di Andrea Gentile

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