IL SOLE 24 ORE
Albi & mercato. Presentato alla Cassa forense il rapporto annuale sulla categoria che paga la sfiducia dei cittadini nella giustizia
Avvocati, studio sempre individuale
Dal contributo unificato arriva il 15% dei fondi destinati al sistema giudiziario
Roma. Il contributo unificato porta nelle casse dell’amministrazione della giustizia circa 500 milioni di euro l’anno, il 15,6% dell’intero budget di 3 miliardi destinato alle corti. Cifra dalla quale sono escluse le procure e il gratuito patrocinio. Il ministro della giustizia Andrea Orlando, ospite ieri di Cassa forense per la presentazione del rapporto annuale Censis sull’avvocatura, ci tiene a sfatare la leggenda che l’Italia abbia il contributo unificato più alto d’Europa. E lo fa dati alla mano, anticipando anche la notizia della prossima istituzione di due gruppi di studio su contributo unificato e gratuito patrocinio. Un esempio per tutte: nella più popolata ma meno litigiosa Germania, le tasse ammontano al 43% del budget, con un introito pari a 3,5 miliardi.
L’aumento più consistente si è avuto tra il 2008 e il 2012, con un più 15% circa, a compensare l’eliminazione dei diritti di copia dovuti al processo civile telematico. La precisazione non serve ad annunciare altri aumenti, anche perché non è evidente un collegamento tra lievitare delle spese e diminuzione delle cause.
Se, come emerge dal rapporto, il 60% dei cittadini ha rinunciato a far valere i propri diritti nella giurisdizione, la causa è da ricercare nelle disfunzioni della giustizia. Un cattivo funzionamento di cui fanno le spese in termini di immagine anche gli avvocati: per il 60% degli italiani la loro immagine è offuscata soprattutto dalla sfiducia nel sistema giudiziario. Il rapporto, commissionato da Cassa forense, ha raccolto le impressioni di quasi 8 mila avvocati che si sono raccontati “dall’interno” e quelle di circa 1 milione di italiani che guardano la professione da lontano. La fotografia è quella di una categoria che si organizza su base individuale (70%) con un unico titolare di studio, fortemente concentrata sull’attività giurisdizionale e radicata su un territorio locale (3/4) che raramente si estende alla provincia e ancora meno varca i confini nazionali (2,3%), a fare la parte del leone sono i civilisti attestati al 54% circa per qualunque fascia d’età.
A risentire degli effetti della crisi sono il 44% dei legali. L’idea degli italiani è che la professione sia ancora prestigiosa ma non più al top.
Per il presidente di Cassa forense Nunzio Luciano i cambiamenti sono evidenti e si governano anche con lo strumento del welfare attivo. Abbattere i costi della professione, che incidono per il 66%, investendo sulla formazione «perché gli avvocati possano intercettare le domande del mercato», sulle banche dati e incentivando l’accesso ai fondi europei. Secondo Orlando non solo si può ma si deve sviluppare la funzione stragiudiziale, come è indispensabile la specializzazione per non perdere fette di mercato e per contemperare le diverse esigenze tra tutela dei diritti e dinamiche economiche «la giustizia non deve essere un peso per l’economia, né deve esistere in sua funzione. Si può anche mettere in crisi l’economia ma è un’arma che va messa in mano a specialisti». Non si discute sul se ma solo sul come anche per quanto riguarda il socio di capitale «Le professioni – dichiara il guardasigilli – devono crescere in termini di capacità finanziaria. E’ ragionevole la quota di un terzo per il socio di capitale che non deve diventare il dominus» Anche l’attuale geografia giudiziaria non è risponde a canoni di efficienza, la riforma di primo grado fatta in modo rocambolesco non ha risolto il problema soprattutto per quanto riguarda l’imbuto dell’Appello: le corti più piccole vicine dovrebbero decongestionare le grandi. Il ministro attira l’attenzione anche sulla figura dell’avvocato parasubordinato che ha bisogno di tutela. Sul punto rassicura Nunzio Luciano, si tratta di una categoria che rientra nel sistema di welfare: l’assistenza passiva certamente dal dominus può essere poco utilizzata.
Per finire, Orlando annuncia la sua disponibilità alla concertazione. Però per farla ha bisogno di un’avvocatura unita. La categoria non è più un bersaglio, come dimostra anche la nuova legge sulla concorrenza, ma è chiaro che non esiste più un corpo unico e non solo riguardo al reddito o alla specializzazione e si pone un problema di rappresentanza. Orlando non si esprime sul doppio binario «se vada bene o meno devono deciderlo gli avvocati». Il ministero però ha bisogno di un interlocutore forte. Il consiglio agli avvocati del presidente del Censis Giuseppe De Rita è quello di uscire dal canale della verticalizzazione, che porta i cittadini a chiedere equità, più che giustizia, alle corti superiori.
A chiudere l’incontro, il direttore generale della Cassa, Michele Proietti, con la presentazione del simulatore di pensione, che consentirà agli iscritti da almeno due anni e 35 anni di età di disegnare i loro futuri scenari pensionistici, con le variabili della contribuzione volontaria o l’uscita anticipata.
«Uno strumento – sottolinea Nunzio Luciano – che consente ai giovani una programmazione e rende più trasparente il nostro sistema».
Patrizia Maciocchi