AVVOCATI: Cnf, tra compensi e multe il conto è salato (Italia Oggi)

ITALIA OGGI

L’inchiesta di ItaliaOggi sul mondo dell’avvocatura in vista del Congresso nazionale di ottobre
Cnf, tra compensi e multe il conto è salato

Sab. 9 – Acque agitate nel modo dell’avvocatura. Con un bilancio 2016 del Consiglio nazionale forense che per non chiudere in negativo dovrà attingere alle riserve 2015 anche a causa di una iniziativa editoriale che ha suscitato non poche perplessità (si veda ItaliaOggi di ieri) a riscaldare gli animi dei legali c’è anche la questione «compensi», ovvero il «Regolamento rimborsi spese e gettoni di presenza».
A fine 2015, infatti, il Consiglio nazionale forense ha adottato un regolamento interno che per la prima volta istituisce una indennità annua per i componenti del Consiglio di presidenza e un gettone di presenza per tutti i consiglieri, sia per le sedute amministrative che per le udienze giurisdizionali del Cnf. Nel dettaglio tale iniziativa, in aggiunta al rimborso spese standard, prevede «un gettone di presenza per tutte le attività inerenti il mandato determinato in misura forfetaria come segue», si legge nel regolamento, «90.000 euro al presidente, 50.000 euro al vicepresidente, 70.000 euro al Consigliere segretario e 50.000 euro al tesoriere, oltre accessori di legge». Cifre a cui vanno ad aggiungersi quelle previste alla voce «Gettone di presenza Consiglieri nazionali» che, possono arrivare fino a 24.700 euro per ciascun consigliere. Un’iniziativa la cui entrata in vigore è stata prevista già a partire dal 2016, che andrà contabilizzata anno per anno e che, soprattutto, non è passata inosservata agli occhi della categoria.
Questa, infatti, ha posto l’accento sui potenziali conflitti di interessi sul punto e, tramite l’Ordine di Bari, ha inoltrato una segnalazione all’Autorità nazionale anticorruzione. Se da un lato, infatti, la misura prevista lascia spazio di manovra in questo senso ai singoli ordini che, per lo meno in parte, sono stati informati dell’iniziativa dallo stesso Cnf nel corso della Riunione dell’Agorà degli Ordini che si è svolta lo scorso 17 dicembre è pur vero che tale informazione è arrivata a decisione presa senza che i Consigli degli ordini territoriali siano stati preventivamente consultati, così come si legge nelle delibere sul punto degli Ordini di Bergamo, Milano, Firenze, Napoli e Bari. Per le tasche dei legali italiani, però, c’è ancora speranza. Il regolamento, infatti, è stato impugnato di fronte al Tar Lazio, non solo da parte dell’Ordine degli avvocati di Bari, ma anche da parte della sezione Anf di Bari e di Bergamo e da altri legali in proprio sul territorio. La discussione sul punto, che doveva avvenire il 18 maggio scorso, è stata però rinviata ad inizio 2017. Le somme, quindi, nel mentre potrebbero comunque essere erogate ai diretti interessati.
Autorità garante della concorrenza e del mercato. A non andare giù al mondo dell’avvocatura, però, sono anche le due sanzioni che l’Antitrust ha irrogato al Consiglio nazionale forense. La prima, che ha trovato conferma in ultima istanza di fronte al Consiglio di stato con sentenza del 22 marzo scorso che ammonta a 912 mila euro più gli interessi di mora e la seconda, di circa 900 mila euro per inottemperanza al proprio precedente provvedimento provvisoriamente esecutivo.
Il Cnf nel primo caso, infatti, ad avviso dell’Agcm avrebbe posto in essere un’intesa, unica e continuativa, restrittiva della concorrenza, consistente dell’adozione di due decisioni volte a limitare (si veda ItaliaOggi del 24 marzo 2016) l’autonomia dei professionisti rispetto alla determinazione del proprio comportamento economico sul mercato, considerando illeciti disciplinari la richiesta di compensi inferiori al minimo e limitando l’utilizzo di un canale promozionale e informativo attraverso il quale era possibile veicolare anche la convenienza economica della prestazione professionale. Una sanzione che, di fatto, viene pagata con le entrate derivanti dai versamenti degli iscritti che sono stati considerati dall’Antitrust soggetti danneggiati, o quanto meno non responsabili, dalle iniziative poste in essere dal Cnf. Il tutto, indipendentemente dalla comunicazione avvenuta da parte del Consiglio in merito al fatto che tali somme fossero già state messe da parte preventivamente.
Elemento che non è passato inosservato non solo agli occhi degli ordini locali che, a più riprese nei mesi precedenti hanno chiesto l’immediato pagamento delle sanzioni in modo da non rischiare di andare incontro all’aumento della somma, ma anche e soprattutto ai singoli legali. E la voce è arrivata fino alle istituzioni europee. In base a quanto risulta a ItaliaOggi, infatti, alcuni avvocati in privato, attraverso legali di fiducia hanno scritto direttamente alla Direzione generale per la concorrenza della Commissione europea, cogliendo l’occasione legata all’instaurazione di un giudizio davanti alla Commissione tributaria da parte di un legale, in merito alla debenza del proprio contributo annuale al Cnf. Con la missiva è, in particolare, lamentata la violazione del principio in base al quale «la vittima non può pagare la sanzione del trasgressore dato che metterebbe a repentaglio l’efficacia delle sanzioni inflitte che è condizione per l’applicazione uniforme degli art. 101 e 102 del Tfue». Tali norme, infatti, nella sostanza prevedono che le vittime di violazioni della concorrenza possano essere risarcite per i danni e che le autorità nazionali garanti della concorrenza e dalla Commissione si scambino informazioni, comprese quelle riservate, per aiutare le parti a far rispettare le violazioni delle regole. Osservazione a cui si affianca il fatto che «la Commissione in passato», si legge nella missiva, «ha concluso che le sanzioni applicate per violazione delle regole delle concorrenza non sono fiscalmente deducibili perché sarebbero di fatto rimborsate dallo stato». Tesi che sono state prese in considerazione dall’istituzione europea che ha, però, sottolineato come «nel caso di specie, l’applicazione coerente dell’articolo 101 o 102 Tfue non sia in gioco». In sostanza, quindi, la Dg Concorrenza non ha ritenuto sussistente una palese violazione degli articoli 101 (accordi anticoncorrenziali) e 102 (abuso di posizione dominante) e, per tanto, non aprirà alcuna istruttoria per accertare la violazione lamentata. Questo, però, per stessa ammissione dell’Autorità europea non preclude le ulteriori possibilità di iniziativa e accertamento attivate dai giudici nazionali, nonché la facoltà della stessa Commissione europea di inserirsi in una fase successiva del procedimento dato che una valutazione in questo senso «non pregiudica il diritto del giudice nazionale di inviare alla Commissione la richiesta di parere o il diritto del giudice nazionale di adire la Corte di giustizia per la richiesta di rinvio pregiudiziale». Non è da escludere, quindi, che la questione possa arrivare all’attenzione anche dei giudici europei. Il Congresso nazionale forense, in programma a Rimini il 6, 7 e 8 ottobre 2016 si avvicina ma le speranze di vedere l’avvocatura unita sembrano lontane. Beatrice Migliorini 3-fine

Foto del profilo di Andrea Gentile

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