AVVOCATI: Esami avvocati, non basta il voto in forma numerica (Italia Oggi Sette)

ITALIA OGGI SETTE

Esami avvocati, non basta il voto in forma numerica

 Lun.27 – Nell’esame di abilitazione alla professione di avvocato la valutazione in forma numerica è insufficiente. Questo è quanto ha stabilito il Tar Lazio, Roma sez. II-quater con la sentenza del 14 luglio 2015, n. 9366 rivedendo il tradizionale orientamento. Ad avviso del collegio, in assenza della predeterminazione normativa di un metodo, è possibile immaginare vari sistemi di motivazione del giudizio. Non è, però, ammissibile che sia sottratto a qualsiasi forma di esternazione e quindi di conoscibilità da parte del destinatario.

In considerazione dell’evoluzione dell’ordinamento in materia di esami di abilitazione alla professione di avvocato e in particolare della novella introdotta dall’art. 46, comma 5, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, che ha previsto il meccanismo basato sulle annotazioni dirette sull’elaborato da esaminare, deve ritenersi che il giudizio negativo in ordine alle prove scritte di tali esami di abilitazione non possa fondarsi sulla mera indicazione di un punteggio numerico, ma richieda anche, a pena di illegittimità, «che negli elaborati corretti sia presente una esternazione grafica o testuale della commissione esaminatrice, la quale possa fungere da tramite logico-argomentativo tra i criteri generali e l’espressione finale numerica del singolo giudizio». Deve, quindi, ritenersi illegittimo il giudizio negativo espresso in forma meramente numerica in ordine alle prove scritte qualora dagli atti non si riscontri alcuna espressione della commissione.

I giudici ricordano, infine, come l’obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi è diretto a realizzare la conoscibilità, e quindi la trasparenza, dell’azione amministrativa, «ai quali va riconosciuto il valore di principi generali, diretti ad attuare sia i canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, sia la tutela di altri interessi costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa nei confronti della stessa amministrazione». L’obbligo di motivazione, quindi è radicato da un lato negli artt. 97 e 113 della Costituzione, in quanto costituisce corollario dei principi di buon andamento e d’imparzialità dell’amministrazione e, dall’altro, nell’articolo 24 della Costituzione, in quanto consente al destinatario del provvedimento, che ritenga lesa una propria situazione giuridica, di far valere la relativa tutela giurisdizionale.  Francesca De Nardi 

 

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