IL SOLE 24 ORE
Congresso a Bologna. Il presidente della Camere penali Migliucci critica l’assenza di barriere al passaggio tra funzioni giudiziarie e politica
Magistratura ed elezioni Csm, penalisti critici
Sab. 1 – La questione “magistratura” rimane la vera e propria emergenza della giustizia italiana. Non rinuncia ai toni polemici il presidente delle Camere penali Beniamino Migliucci nella relazione che ha inaugurato ieri il congresso dei penalisti in corso a Bologna. Migliucci, al netto della storica battaglia per la separazione delle carriere, avvertita, sostiene, anche da una parte sempre più larga dell’opinione pubblica e della stessa magistratura, mette l’accento anche su altri punti. Come l’assetto organizzativo e il governo della magistratura e l’indipendenza della funzione giudiziaria.
E allora particolarmente deludenti sono state le conclusioni delle due commissioni ministeriali Scotti e Vietti per la riforma del sistema giudiziario. Che, a dire di Migliucci, hanno prodotto complessi articolati incapaci però di toccare in modo significativo l’esistente. Lasciando, per esempio, irrisolto il nodo della spola dei magistrati tra funzioni giudiziarie e incarichi nella politica. Oppure non affrontando in maniera decisa il problema del sistema elettorale del Csm. Quanto a quest’ultimo poi, il presidente dei penalisti contesta anche la recentissima riforma del regolamento interno che gli appare tuttora ben distante dagli obiettivi di trasparenza e correttezza delle nomine. Insomma, messi insieme tutti questi elementi, Migliucci ne conclude per una sostanziale incapacità della magistratura ad autoriformarsi.
Quanto all’altro tema caldo del momento, il disegno di legge delega sul processo penale, Migliucci mette nel mirino le norme che alzano le sanzioni per i furti e le rapine. Disposizioni che «produrrebbero ulteriori effetti di carcerizzazione in pieno contrasto con la riforma dell’ordinamento penitenziario, anch’essa prevista dal medesimo disegno di legge. Il fenomeno è ormai tristemente noto e può semplicemente descriversi come la volontà del legislatore di cercare facile consenso, rispondendo ai legittimi timori dei cittadini rispetto a fatti di delinquenza comune».
Altri punti sono più convincenti. È il caso dell’introduzione dell’estinzione del reato per condotte riparatorie in relazione ai reati procedibili a querela. «Si tratta di un istituto – avverte Miglucci – che si inserisce in un più ampio e coerente disegno promosso nel corso di questa legislatura, che tende a creare percorsi alternativi di definizione dei procedimenti, con la finalità di decongestionare il processo».
Sì poi alla delega al Governo per la procedibilità a querela di alcuni reati attualmente procedibili d’ufficio (reati contro la persona puniti con la sola pena pecuniaria, o con pena massima non superiore a quattro anni). Semaforo verde infine per la riforma della disciplina delle misure di sicurezza personali, con il divieto di applicazione per fatti non previsti come reato al momento della loro commissione. Giovanni Negri