IL SOLE 24 ORE
Avvocati. Lo spartiacque per l’applicazione delle nuove «tariffe» è la data in cui è compiuta la prestazione
Parametri, confine al primo grado
L’impugnazione è un’eventualità: attività professionale chiusa con la sentenza
Roma. L’attività professionale dell’avvocato, ai fini dell’individuazione della tariffa applicabile, può dirsi conclusa quando c’è la sentenza di primo grado. L’impugnazione della pronuncia è, infatti, solo un’eventualità. La Corte di cassazione, con la sentenza 21256, torna sui criteri di applicazione di nuovi parametri professionali, dettati dal decreto ministeriale 140/2012, in base ai quali vanno commisurati anche i compensi forensi. L’occasione arriva da un ricorso nel quale, fra le altre eccezioni, si puntava il dito contro la decisione del giudice d’appello che aveva fatto lievitare il compenso del legale applicando i nuovi parametri mentre il tribunale aveva fatto ricorso nel liquidare le spese di lite al precedente decreto ministeriale del 2004 (n.127). Lo scostamento era il risultato di un diverso punto di vista sul momento in cui si considerava conclusa la prestazione del legale. Ferma restando l’irretroattività dei parametri del 2012, per la liquidazione resta il criterio della data in cui è completata la prestazione professionale. Per il Tribunale questa poteva dirsi conclusa con la sentenza di primo grado, emessa quando erano ancora vigenti i vecchi criteri. Una scelta dalla quale aveva preso le distanze la Corte d’Appello che, investita del ricorso, riteneva l’attività ancora in essere, con la conseguente applicabilità delle nuove tariffe perché «entrate in vigore medio tempore».
La conseguenza della lettura era stata quella di porre rimedio alla drastica riduzione degli onorari fatta dal giudice di primo grado, rivedendoli verso l’alto. Una scelta contestata, con successo, in Cassazione.
I giudici della terza sezione ricordano che i nuovi parametri, sui quali vanno tarati i compensi forensi al posto delle abrogate tariffe professionali, si applicano in tutti i casi in cui la liquidazione giudiziale intervenga dopo l’entrata in vigore del decreto. La condizione è che a tale data la prestazione professionale non sia ancora stata completata. Per questo è necessario escludere che si possa far ricorso al Dm 140 nel caso di una prestazione svolta in un grado di giudizio terminato prima dell’entrata in vigore «atteso che in tal caso la prestazione professionale deve ritenersi completata sia pure limitatamente a quella fase processuale».
La Suprema corte ribadisce dunque che se il giudizio di primo grado si è chiuso sotto la vigenza del Dm 127/2004 è questo che governa la liquidazione. Per la Cassazione la lettura è in linea con i principi generali della successione delle leggi nel tempo.
A sbagliare è stato il giudice d’appello che, applicando il Dm 140/2012, ha ritenuto l’attività ancora in essere. Per la Cassazione, invece, «il giudizio di primo grado sfocia in una sentenza idonea a concludere ogni accertamento processuale passando in giudicato, essendo sotto il profilo del rito una mera eventualità l’impugnazione della pronuncia». Patrizia Maciocchi