AVVOCATI: Prescrizione, intercettazioni, pm: i nodi dell’astensione dei penalisti (Affari Italiani)

AFFARI ITALIANI
Prescrizione, intercettazioni, pm: i nodi dell’astensione dei penalisti
Prescrizione, durata dei processi, intercettazioni, equilibrio tra politica e magistratura. Sono i temi al centro dei tre giorni di sciopero degli avvocati penalisti. Beniamino Migliucci, il presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane, spiega ad Affaritaliani.it i motivi dell’astensione.
Beniamino Migliucci, quali sono i motivi dello sciopero dei penalisti? L’astensione non è una protesta fine a se stessa, è il culmine di un momento di proposta che in un anno e mezzo abbiamo avuto con il governo e con le forze parlamentari su questa modifica al codice penale con audizioni, scambio di documenti ed emendamenti forniti trasversalmente ai parlamentari. Un po’ il testo è migliorato rispetto alle ipotesi iniziali ma ci sono alcuni temi che meritano un dibattito più attento. L’astensione non è una protesta contro la politica ma un momento di riflessione necessario.
Quali sono i temi al centro dell’astensione? Il primo tema è quello della prescrizione, sulla quale si dicono sempre molte cose in modo disinformato. Il 70% della prescrizione matura durante le indagini e questo non è certo colpa degli avvocati. Tra l’altro rispetto a 10 anni fa i casi di prescrizione sono diminuiti del 40%. Per arrivare al numero zero non bisogna rendere più lungo il processo ma semmai ragionevolmente breve. E’ necessario ridurre l’area del penale. Se in un anno ci sono un milione e 600 mila procedimenti penali ce ne sarà sempre una percentuale che non verrà licenziata. E’ come un lavandino otturato.
Che cosa bisognerebbe fare allora? Bisognerebbe intervenire sulle ragioni organizzative, cosa che comporta più tempo e difficoltà organizzativa. Ma allungare i tempi della prescrizione e del processo allontana la presunzione di innocenza e si allontana dalla Costituzione sulla rieducazione della persona condannata. Come diceva Beccaria la pena dovrebbe arrivare vicina al fatto. C’è il diritto degli imputati di sapere quanto durerà il processo, il diritto delle persone offese di sapere la verità, il diritto della collettività di venire a conoscenza se un amministratore è un corrotto o meno. Ma non 20 anni dopo. Senza contare che il momento centrale del procedimento penale dovrebbe essere il dibattimento e non l’indagine, come qualcuno vorrebbe.
A che cosa allude? Penso ad esempio alla partecipazione a distanza degli imputati al processo, con la commissione Gratteri che propone di estendere a tutti i detenuti il processo nelle carceri senza la possibilità di sedersi vicino al proprio avvocato violando così i principi costituzionali e del giusto processo, togliendo il diritto alla difesa. Una norma autoritaria, inutile e costosa.
E per quanto riguarda le intercettazioni? Anche questo è un tema al centro di questo momento di riflessione. C’è necessità di intervenire. Le circolari interne delle procure sono un momento meritorio di riflessione interna alla magistratura ma sono anche indirettamente una confessione che le cose non vanno. Ora si parla anche delle intercettazioni via trojan, un mezzo più che invasivo. Una volta le intercettazioni erano collegati a luogo o persona, con questi mezzi puoi intercettare chiunque. Le regole dovrebbero essere prese dalla politica che dovrebbe riappropriarsi delle sue prerogative e non continuare a delegarle alla magistratura.
Che cosa ne pensa delle tensioni tra politica e magistratura? La politica deve difendere le sue prerogative costituzionali senza accettare lo scontro elevato dalla magistratura. Quando Davigo dice ai politici che sono tutti corrotti non lo fa a caso. E’ come un messaggio per dire: “Guardate che se non ritenete di approvare le nostre ricette siete collusi con la corruzione e non desiderate che si scoprano i colpevoli”. La politica è stata patologicamente debole in questi ultimi 20 anni e ora deve essere rafforzata.
L’Unione delle Camere Penali assumerà una posizione sul referendum? Noi non diamo nessuna indicazione, riteniamo che ognuno possa esprimere la propria opinione.
Quindi fanno bene quei magistrati che dicono la loro? Ripeto, credo che ognuno possa esprimere la propria opinione e quindi anche i magistrati che sono cittadini come tutti gli altri. Però credo anche che bisogna sempre tenere conto del ruolo che uno occupa. Quindi sposo quanto detto anche dall’Anm: giusto esprimere le proprie opinioni ma tenendo conto del proprio ruolo. Se non lo si fa alcune dichiarazioni rischiano di diventare inopportune. Lorenzo Lamperti

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