IL FATTO QUOTIDIANO
Divisioni Gli ordini provinciali critici col Consiglio nazionale forense Tre i motivi: i fondi per ” il Dubbio, le indennità, una multa Antitrust
S’è aperta la guerra dei soldi dentro l’avvocatura italiana
Le 3 delibere di Milano Il potente ordine lombardo verbalizza le sue perplessità: a ottobre c ‘ è il Congresso
Come capita anche nelle migliori famiglie, il motivo del contendere sono i soldi. Si parla della famiglia del l’avvocatura italiana o, più precisamente, del Consiglio nazionale forense (Cnf), la punta nazionale della piramide degli ordini provinciali, a cui tutti i legali sono obbligatoriamente iscritti previo esborso di una quota annuale. Parliamo di oltre 230 mila avvocati che hanno generato entrate per il Cnf per oltre 9 milioni nel 2014. Il Consiglio nazionale forense è un ente (pubblico non economico) ricco: al 31 dicembre 2014 – ci dice il bilancio 2015 grazie a una oculata gestione aveva accumulato liquidità sui propri conti per 4,7 milioni di euro e un patrimonio netto da 18 milioni in totale. Belle cifre, che ora rischiano di peggiorare: nell’ ultimo bilancio si passa infatti da un avanzo di gestione da 2,1 milioni a un rosso da 1,6 milioni. Parecchi ordini provinciali sono preoccupati: quello – assai rilevante – di Milano ha messo nero su bianco le sue perplessità in tre delibere inviate a Roma. Il congresso nazionale di ottobre a Rimini si preannuncia assai piccante. Ma cos ‘ è successo ai conti del Consiglio nazionale e perché parecchi ordini provinciali stanno scrivendo a Roma lettere assai critiche? I motivi, in sostanza, sono tre.
IL DUBBIO. Ci si riferisce al ” giornale garantista ” uscito in aprile e diretto da Stefano Sansonetti. La società editrice del quotidiano è la Edizioni Diritto e Ragione srl, il cui socio unico è la Fondazione dell ‘ av vocatura italiana (Fai) del Consiglio nazionale forense: il presidente della Fai, Andrea Mascherin, è lo stesso del Cnf, la vicepresidente, Carla Broccardo, è consigliere Cnf ed entrambi risultano nel cda della società editrice del Dubbio. L’amministratore delegato, invece, è Roberto Sensi, ragioniere che condivide lo studio con Carla Broccardo. Insomma, il Cnf sembra essersi messo a fare l’editore e a questo fine nel bilancio di previsione 2016 ha stanziato 1,1 milioni di euro: il giornale ne costa – a stare alla proposta editoriale di Sansonetti al Cnf 1,6 milioni l’anno (710mila per il personale) e conta su un futuro pareggio di bilancio anche grazie agli abbonamenti scontatissimi (3 euro l’anno) per gli iscritti all’albo degli avvocati. Il Cnf invita a sottoscriverli e alcuni Ordini provinciali lo hanno già fatto: l’Unione triveneta, per dire, ne ha attivati 16mila, sempre coi soldi degli iscritti. I profili critici – basandosi sulle delibere milanesi – sono due. Il primo: il Consiglio nazionale può fare l ‘ editore? La legge sull’editoria vieta agli enti pubblici di editare giornali, ma è vero che la filiera passa per la Fondazione Fai e la Edizioni Diritto e Ragione srl. In ogni caso, lo stesso Consiglio di Stato ha sancito la natura ” funzionale ” della definizione di ente pubblico: il Cnf lo è per il suo profilo di rappresentanza dell’avvocatura ma potrebbe non esserlo come editore. La delibera dell’Ordine di Milano, però, sostiene che lo Statuto del Consiglio gli vieta di essere editore di un giornale e consente solo di pubblicare ” informazioni sulla propria attività e sugli argomenti di interesse dell’avvocatura”. Finalità che dovrebbe dunque guidare anche la Fondazione. La richiesta: “Riconsiderare l’investimento in attività commerciali-editoriali”. Il problema vero è che i giornali sono un investimento rischioso e costoso: che succede se il bilancio del Dubbio non è in pareggio? Il Cnf concede altri soldi alla Fondazione per coprire le perdite?
GETTONI. L’11 dicembre 2015 il Consiglio nazionale forense ha adottato un nuovo “Regolamento rimborsi spese e gettoni di presenza”. In sostanza, i vertici del Cnf si concedono un ‘ indennità fissa oltre al rimborso spese: l’apposito capitolo del bilancio dal 2016 passa a costare 2,2 milioni, uno in più degli anni scorsi. I soldi – tra lo sconcerto degli ordini provinciali – sono divisi così: 90 mila euro l ‘ anno al presidente; 50 mila ai vice e al tesoriere; 70 mila al segretario; il conto per gli altri 28 consiglieri fa 690mila euro e spiccioli. Scrivono quelli di Milano: la cosa potrebbe almeno ” valere per il futuro, per evitare immediati e palesi conflitti di interessi “.
LA MULTA. È l ‘ ultimo capitolo della guerra dei soldi dentro l’avvocatura. Nel 2014, infatti, l’Autorità per la concorrenza (Agcm) ha multato il Consiglio nazionale forense per 912mila euro per due motivi: il tentativo di bloccare la pubblicità online dei servizi legali e il sostanziale aggiramento del divieto di minimi tariffari. Il Cnf, ovviamente, è ricorso al Tar. Risultato: annullamento di metà della multa (quella sulla pubblicità). La sentenza, però, viene ribaltata dal Consiglio di Stato: il Cnf deve pagare tutto. Nel frattempo, l ‘Authority s ‘ è stancata di aspettare e a febbraio ha raddoppiato la multa per l’inadempienza del Consiglio: il conto ora è di 1,82 milioni.