IL SOLE 24 ORE
Braccialetto elettronico, 400 in attesa
Insufficienti gli attuali 2mila dispositivi: imminente il bando dell’Interno per altri 10mila
Lun.4 – Duemila braccialetti in funzione e una lista d’attesa di 400 persone. Gli strumenti di controllo per chi è stato assegnato agli arresti domiciliari in sostituzione della custodia cautelare in carcere non bastano. Il fabbisogno è, però, ben maggiore di quello che evidenziano i numeri dei soggetti in attesa. Tant’è che è prossima a partire una gara – il ministero dell’Interno attende solo il via libera dell’Economia – per la fornitura di diverse migliaia di strumenti di controllo. Una cifra che potrebbe sfiorare i 10mila braccialetti.
Nel frattempo, i 400 soggetti “in fila” sono appesi alla sentenza delle Sezioni unite della Cassazione, prevista per fine mese (si veda l’articolo sotto). La Suprema corte dovrà sciogliere il contrasto giurisprudenziale e stabilire se, anche in mancanza del braccialetto, il soggetto può comunque beneficiare dei domiciliari o deve invece rimanere in carcere.
Il braccialetto può essere utilizzato anche quando i domiciliari vengono concessi in alternativa alla detenzione. In questo caso però, all’opposto di quanto previsto per la custodia cautelare, il controllo elettronico non è la regola ma spetta al giudice decidere se farlo scattare e motivare il perché. E questo spiega come mai la prossima gara punti a mettere in circolazione svariate migliaia di dispositivi.
Una storia travagliata
L’intervento della Cassazione è la conseguenza di una vicenda che in 15 anni non è riuscita a trovare una sua dimensione e si trascina tra costi rilevanti (stigmatizzati dalla Corte dei conti), strumenti insufficienti e secondo alcuni obsoleti, gestione contestata del sistema (per un affidamento senza gara dichiarato in un primo tempo inefficace dal Tar Lazio, ma poi confermato dal Consiglio di Stato, dopo un passaggio alla Corte di Giustizia Ue).
Un sistema che ha mostrato ancora di più la corda dopo che nel 2014 il legislatore ha ammesso il braccialetto come strumento di controllo “ordinario” per i domiciliari assegnati in alternativa alla custodia cautelare, chiedendo al giudice di motivarne il mancato utilizzo.
È soprattutto da quel momento che i 2mila braccialetti previsti dalla convenzione si sono rivelati insufficienti. Ma anche prima non è che la questione avesse marciato senza intoppi e i problemi non sono mancati.
Di contro, le spese sono sempre state rilevanti: circa 10 milioni l’anno fino al 2011 per 400 dispositivi, mentre per i 2mila previsti dalla convenzione con Telecom relativa al periodo 2012-2018 (il costo giornaliero è di 12 euro per dispositivo) e la gestione della piattaforma elettronica e dei servizi collegati – Telecom ha creato un centro nazionale di assistenza tecnica – la spesa rientrava in un appalto da 521,5 milioni.
Le critiche degli operatori
«Sono passati ormai quindici anni dall’introduzione del braccialetto elettronico, ma gli attuali 2mila dispositivi non consentono assolutamente di sollevare le Forze di polizia dall’attività di controllo di chi è ai domiciliari», dichiara Domenico Pianese, segretario generale aggiunto del Coisp, il sindacato indipendente di polizia.
«Ci sono commissariati – continua Pianese – con decine di persone ai domiciliari e magari una sola volante cui è demandato anche il controllo del territorio. Tant’è che, purtroppo, i casi di reati commessi da persone ai domiciliari sono molto numerosi».
Il braccialetto non serve infatti solo a scongiurare il pericolo di fuga ma anche a garantire l’effettiva permanenza nell’abitazione e quindi a evitare il verificarsi di reati in cui è necessario uscire di casa.
Il problema però non è solo numerico ma anche tecnologico. «Sarebbe necessario avere la possibilità di controllare anche gli spostamenti che vengono autorizzati dal magistrato e, soprattutto, semplificare l’attuale sistema di attivazione e disattivazione dello strumento quando il soggetto deve uscire da casa», afferma Pianese.
«Attualmente, i giudici, di fronte all’indisponibilità dei braccialetti seguono strade diverse, alcuni lasciano il soggetto in carcere mentre altri danno comunque i domiciliari», dice Riccardo Polidoro, responsabile dell’osservatorio carceri dell’Unione camere penali. L’Unione ha più volte denunciato e promosso iniziative contro la mancata concessione dei domiciliari a causa dell’indisponibilità dei mezzi di controllo elettronico.
Antonello Cherchi Bianca Lucia Mazzei