IL SOLE 24 ORE
Misure cautelari. All’indagine della Giustizia ha risposto solo un terzo dei tribunali interpellati – Poco utilizzate le soluzioni non detentive
Carcere preventivo nel 46% dei casi
Nonostante la riforma, quasi metà dei cittadini sottoposti a misure cautelari (in attesa di processo) finisce ancora in prigione. Infatti, la custodia in carcere resta lo strumento privilegiato: viene disposta nel 46% dei casi.
I primi dati relativi al monitoraggio 2015 sulle misure cautelari personali, fatti arrivare (per ora) da 48 uffici sui 136 prescelti alla direzione generale della Giustizia penale del ministero della Giustizia, sono il risultato di un’indagine svolta sulla base della riforma del Codice di procedura penale, che avrebbe dovuto limitare la possibilità di utilizzare la custodia cautelare.
La scelta del ministero è stata di interpellare soprattutto uffici medio-piccoli, con eccezione del Tribunale di Napoli. All’appello, comunque, hanno risposto in pochi ma il ministero fa notare che «si tratta del primo anno di sperimentazione».
Sulla base dei dati pervenuti, nel corso del 2015 sono state emesse, dagli uffici che hanno risposto alla richiesta di monitoraggio, 12.959 misure cautelari personali. La custodia in carcere è stata disposta in 6.016 casi (il 46% del totale); seguono gli arresti domiciliari con 3.704 casi (29%); l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in 1.430 casi (11%).
Il documento analizza poi il numero dei procedimenti, 3.894, in cui nel corso del 2015 sono state applicate misure cautelari: la quasi totalità, 3.743, risultano iscritti nel 2015, mentre 151, meno del 4%, in anni precedenti. Più nel dettaglio, dei 3.743 procedimenti iscritti nel 2015, in 42 casi è stata emessa sentenza definitiva di assoluzione, mentre per 156 è intervenuta una sentenza di assoluzione ma non ancora definitiva. «Le assoluzioni definitive – si legge nel documento della Giustizia – impattano 14 procedimenti con misura carceraria e 15 con misura detentiva domiciliare. Quelle non definitive, 69 procedimenti con misura carceraria e 52 con domiciliari».
Secondo l’Unione delle camere penali, i dati testimoniano un’applicazione marginale della riforma e che il ricorso alla custodia cautelare in carcere resta «altissimo» , «nonostante il legislatore abbia sempre inteso l’adozione di questo strumento da parte del giudice quale extrema ratio, e dovendosene conseguentemente auspicare un’applicazione “residuale” e, dunque, davvero marginale in termini statistici».
Da segnalare anche la lieve decrescita delle pendenze nei processi penali: da 1.663.391 di fine 2015 a 1.643.606 alla fine del primo semestre 2016, secondo i dati della Giustizia, con un calo percentuale dell’1,19 per cento, il più sensibile dal 2009.