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Emergenza carceri, così il governo prova a fare la riforma che manca all’Italia da 40 anni
Ecco le proposte degli Stati Generali dell’esecuzione penale per cambiare il sistema penitenziario italiano. Dopo anni di bacchettate dall’Europa si cerca di recuperare il tempo perduto: abbassare la recidiva e pene da scontare all’esterno. Con un’attenzione particolare alla nuova emergenza del proselitismo islamista
Dopo anni in cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo rimproverava all’Italia la scarsa attenzione al tema dei diritti e del reinserimento dei detenuti, e dopo quarant’anni di attesa, il governo ha mosso un primo passo verso una riforma legislativa del sistema penitenziario, contenuta all’interno del ddl sul processo penale. Il compito di elaborare riflessioni e proposte concrete sulla situazione delle carceri italiane è stato affidato quasi un anno fa, il 19 maggio 2015, agli Stati Generali dell’esecuzione penale, voluti dal ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Si tratta del frutto di 18 tavoli di lavoro, composti da duecento personalità esperte del sistema penitenziario e di diverse discipline, che in questi mesi hanno dibattuto ed elaborato proposte circa l’esecuzione della pena. I temi affrontati sono stati molteplici, tra cui: architettura e carcere, la vita e la responsabilizzazione del detenuto, donne e carcere, minorenni autori di reato, lavoro e formazione.
L’obiettivo è abbassare i costi, stimati in 3 miliardi l’anno, e introdurre nel dibattito pubblico un’idea diversa di carcere, finalizzata ad “abbassare il livello di recidiva, che in Italia è il più alto d’Europa ampliando l’esecuzione penale all’esterno del carcere” – ha ricordato il ministro della Giustizia Andrea Orlando presentando l’evento del 18 e 19 aprile prossimi, quando davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella verranno illustrate le conclusioni finali degli Stati Generali a Rebibbia. “La sicurezza si garantisce se si pongono le basi perché chi esce dal carcere non torni a delinquere”, ha sottolineato il coordinatore del Comitato scientifico degli Stati Generali, Glauco Giostra.
Il tema è oggi particolarmente urgente e delicato: alle già note criticità del sistema penitenziario italiano, infatti, si è aggiunta negli ultimi mesi una nuova emergenza, di cui anche il Foglio ha dato conto, spiegata bene dallo stesso ministro Orlando: la presenza nelle nostre carceri di un numero sempre più alto di detenuti stranieri e in particolare di religione musulmana, aumenta il rischio che esse diventino “luogo di proselitismo per il radicalismo jihadista”. La strada è lunga, anche se il governo sembra ben intenzionato a procedere, all’interno del più ampio disegno di riforma della giustizia, che poco per volta sta prendendo forma.