IL DUBBIO
I figli dei detenuti non devono scontare le pene dei genitori
Giulia ha 8 anni, ama disegnare e giocare con le bambole. Ha bisogno di attenzioni e punti di riferimento ma i genitori sono detenuti. È una delle storie raccolte da Children of prisoners Europe, la rete europea che comprende 21 paesi e ha assunto come modello la “Carta dei figli di genitori detenuti”, già tradotta in varie lingue e adottata in alcuni stati membri. Ieri al Ministero il rinnovo biennale del protocollo d’intesa entrato in vigore nel marzo 2014. A siglarlo il titolare del dicastero della Giustizia, Andrea Orlando, la Garante per l’infanzia e l’adolescenza Filomena Albano e la presidente dell’Associazione Bambinisenzasbarre Lia Sacerdote. Un tavolo permanente si occuperà del monitoraggio.
I protagonisti sono bambini come tutti gli altri, che si trovano ad affrontare una situazione straordinaria. Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che soffrono l’abbandono, si vergognano di affrontare l’argomento con amici e conoscenti, hanno paura per il futuro. Ma soprattutto rischiano traumi, patologie depressive o mentali. L’esponente del Governo Renzi ha rimarcato i progressi certificati dai dati dell’amministrazione penitenziaria. Gli spazi appositamente dedicati ai bambini, come le sale d’attesa, presenti in 130 istituti nel 2015, sono adesso 171, le ludoteche sono passate da quota 58 alle attuali 70, mentre le aree verdi attrezzate per i colloqui all’aperto sono 99, 35 destinate ai soli minori. “Il rapporto tra carcere e famiglie è necessario per minimizzare i disagi per i bambini con genitori reclusi”, ha rimarcato Orlando. Per il ministro, l’attuazione della Carta può contribuire anche all’umanizzazione della pena: “Questi minori hanno una propensione al crimine, spesso frutto di eventi traumatici subiti durante la crescita, avvenuta in un universo terrificante. Si tratta quindi di un investimento per il futuro”. Un problema non risolto è quello delle detenute madri, 38, di cui 19 ancora in carcere mentre l’altra metà è ospitata da Icam (Istituti a Custodia Attenuata). Dal momento che a non volere lasciare il carcere sono spesso le dirette interessate, il Governo, dopo avere eliminato eventuali impedimenti strutturali, ipotizza modifiche di carattere normativo. Filomena Albano ha rimarcato che “questi minori sono soli, fragili e vulnerabili. Devono poter visitare i genitori in orari non scolastici e con maggiore frequenza.
Per i loro genitori occorre una custodia alternativa al carcere”. Per Lia Sacerdote il “benessere del bambino è prioritario e il carcere, un luogo a loro estraneo, deve essere in grado di accoglierli. Rispetto a 14 anni fa i progressi sono evidenti”. Per Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti, “bisogna formare sia il personale che la società esterna”. Orlando ha commentato anche la rivolta di lunedì nel carcere di Airola: “Da tempo non accadeva qualcosa di simile. Stiamo cercando di comprendere cosa non ha funzionato. Non si possono trarre prematuramente conclusioni generali. La dotazione d’organico non è un problema, come nelle carceri per gli adulti. Le sigle sindacali già invocano modifiche normative, che non condivido”. Francesco Straface