IL MATTINO
Le carceri minorili riempite di adulti
Uno su sei ha più di 18 anni
Un detenuto su sei nelle carceri minorili è maggiorenne. E in alcuni casi, come quello di Torino, dove sono 20 su 37, Treviso (8 su 14), e Bari (10 su 20), i maggiorenni sono addirittura la maggioranza.
Sono questi i dati che si celano dietro all`allarme del Sappe, che ha definito
gli Ipm come vere e proprie «università del crimine». All`indomani della rivolta esplosa all`interno del carcere minorile di Airola, ad opera di «piccoli boss che portano avanti una lotta per la supremazia», le parole del segretario del sindacato della polizia penitenziaria, Donato Capece hanno acceso i riflettori su un autentico paradosso. «Il problema è che l`ordinamento consente la presenza di ultra 2lenni – spiega Capece – è inconcepibile che giovani criminali siano reclusi insieme ai quattordicenni. L`avevamo detto
che era un errore l`innalzamento dell`età. Ma non siamo stati ascoltati.
É stata una decisione politica che già a suo tempo definimmo incomprensibile».
A consentire la nascita degli «atenei del crimine» ai quali fa riferimento
il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria è stata una legge di recente
conio, il decreto 92 del giugno 2014, che all`articolo 5 ha previsto che possa restare negli Ipm anche chi, avendo commesso un reato da minorenne, non abbia compiuto il venticinquesimo anno di età. Sino ad allora la soglia di permanenza era fissata a quota ventuno anni: dopo di che il detenuto veniva trasferito in un carcere per adulti. «Ma non si tratta di una cattiva legge – obietta Susanna Marietti, curatrice del Terzo Rapporto di Antigone sugli Istituti Penali per Minori. «Si è voluto tutelare – spiega – una personalità in evoluzione come quella del minore, che non possiamo permetterci di
perdere e che dobbiamo integrare nella nostra società. E’ un modo per
offrire maggiore protezione a chi ha commesso un errore da piccolo, e più chance di reinserimento dopo il periodo di reclusione in una realtà più «morbida» come quella del carcere minorile». Se il fine è certamente nobile, il mezzo suscitala perplessità di molti perché ha generato un piccolo cortocircuito: oggi nei sedici istituti penitenziari minorili italiani,
i maggiorenni sono in alcuni casi la maggioranza. Se letto nella sua dimensione globale, il fenomeno non è affatto irrilevante: sono 80 su 502 i
maggiorenni reclusi allo stato attuale nelle carceri per minori: in pratica
un detenuto su sei. E se si guarda ai dati sugli ingressi negli Ipm del 2015, non si ricavano segnali meno allarmanti: su un totale di 1068 accessi,
quelli dei giovani adulti compresi tra i 18 e i 25 anni hanno superato l`asticella dei 400 accessi: pressappoco la metà. Sebbene il carcere per
i minori sia ormai un fenomeno residuale, da considerarsi come extrema
ratio, di fronte a misure alternative come la messa alla prova che hanno
successo nell`80 per cento dei casi, il Sud non appare particolarmente
fortunato. Come rivela il rapporto «Ragazzi fuori» di Antigone, nella
maggior parte dei casi e salvo rare eccezioni, la popolazione carceraria
degli Ipm è composta da stranieri, rom e giovani meridionali provenienti
dalle periferie degradate delle grandi città del Sud. Si tratta quasi
sempre di ragazzi che provengono dalla stessa regione in cui si trova l`istituto. Ed è dunque per questa ragione, che carceri come quelli di Nisida
presentano specifiche vulnerabilità.
Nell`isolotto napoletano, su una media di 50 detenuti, vi sono 30
maggiorenni. A seguito della visita dell`associazione Antigone dello scorso anno, erano presenti 47 ragazzi, di cui 14 minorenni e 33 maggiorenni. Alti rischi, se si considera che nella prigione napoletana sono in servizio 70 agenti penitenziari e otto educatori.
Il rapporto diretto tra il personale, compreso il Direttore, e i ragazzi
ospiti della struttura, riesce però a mantenere saldi equilibri altrimenti precari.
Numeri interessanti anche nel carcere beneventano di Airola, dove i maggiorenni sono in media venti su quaranta. Nei primi mesi del 2015, su 47 ingressi se ne contavano soltanto nove di ragazzi nella fascia d`età 14-17, e ben 38 nella fascia d`età 18-25. Alla primavera del 2015, i ragazzi presenti in istituto erano 30, in larga maggioranza napoletani.
Nell`agosto successivo i ragazzi erano diventati 26, perché dieci ragazzi nella fascia di età 18-21 erano stati trasferiti presso altre carceri minorili.
Agli inviati di Antigone, gli operatori hanno riferito di fenomeni di bullismo, «che nella maggior parte dei casi è più una soggezione implicita di alcuni ragazzi verso altri appartenenti a famiglie camorriste o che hanno commesso omicidi». Tenere tutto sotto controllo non è dunque semplice, per i44 agenti penitenziari.
Ma i maggiorenni, nei carceri minorili, sono una realtà diffusa anche
a Catania, dove sono 52, a Roma (50), a Milano (44), e a Palermo (30).
«Servono più agenti penitenziari», è l`allarme del segretario Cape ce.
«Servono invece più operatori sociali, capaci di prevenire e gestire i
conflitti e non solo di sedarli con la forza», ribatte Marietti di Antigone.
E qualcosa dovrà pur farsi. Specie perché da quarant`anni, questo Paese attende uno specifico ordinamento penitenziario minorile. Con
il risultato che le regole per gli adulti, vigono dal 1975 anche per i minori.
Ovviamente in regime transitorio. Francesco Lo Dico