LIBERO
Le carceri minorili sono piene di adulti: fino a 25 anni possono restare fra i ragazzi
Le carceri minorili – cioè quelle in teoria riservati a delinquenti minorenni, lo dice la parola – sono pieni di detenuti maggiorenni. Per capirci: in Italia un detenuto su sei, nelle strutture destinate ai minori, ha superato i diciott’anni. In alcuni casi la quota dei “giovani adulti” (così vengono definiti nel gergo carcerario) supera addirittura quella dei minori.
Come a Torino, dove su 37 ragazzi dietro le sbarre 20 sono maggiorenni, o anche a Treviso (otto su 14), oppure ancora Bari (10 su 20). L’effetto della legge 117 del 2014, che ha spostato la possibilità di restare nel circuito penale minorile – per tutti quelli che hanno commesso un reato prima della maggiore età – fino al compimento dei 25 anni (prima era 21).
Chi si trova in questa posizione, quindi, può fare richiesta di trasferimento nel caso sia stato incarcerato in un normale istituto penale e, una volta ottenuto il nullaosta del magistrato di sorveglianza, viene collocato in una delle 16 strutture adibite a ospitare minorenni. In teoria lo scopo del legislatore è nient’affatto sbagliato: si vorrebbe evitare di abbandonare questi “giovani adulti” nel circuito del carcere normale, per seguirli il più possibile in un processo di reinserimento. Però, c’è anche da dire che un ragazzo per cui è stata disposta la detenzione da quand’è minorenne fino ai 25 anni, probabilmente non è incappato in illeciti da poco.
E siccome – anche se questi detenuti dovrebbero stare in sezioni separate rispetto ai minori, invece alla prova dei fatti ciò non avviene – succede che ragazzini si trovino a stretto contatto con uomini che potrebbero instradarli nel inondo del crimine. Per dire: nelle recenti rivolte scoppiate proprio nei carceri minorili, il ruolo dei detenuti maggiorenni è stato determinante. L’ultimo episodio è avvenuto ad Airola, nel Beneventano, una manciata di giorni fa: sui 13 carcerati che hanno sfasciato stanze e lanciato oggetti contro le guardie a causa del mancato arrivo delle sigarette, dieci erano maggiorenni.
Stessa cosa a Casal del Marmo (Roma), la settimana scorsa: lì è scoppiata una maxi-rissa per chi doveva aggiudicarsi un tavolo da ping-pong, i pugni se li sono dati sette minorenni e (manco a dirlo) 21 maggiorenni. “L’obiettivo della legge è giusto – rimarca la radicale Rita Bernardini, presidente d’onore di “Nessuno Tocchi Caino” – i problemi, semmai, riguardano la gestione e l’amministrazione della detenzione minorile. Alle volte basterebbe un minimo di attenzione in più, nonostante va segnalatala presenza sempre maggiore di agenti preparati al rapporto con i detenuti anche giovani”.
A sentire i sindacati della polizia penitenziaria, c’è poco di cui stare allegri: “La giustizia minorile è alla deriva – attacca Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, – e così facendo viene meno pure il principio della rieducazione: vista la presenza massiccia di maggiorenni si è ribaltata la situazione, e siamo arrivati al punto che i più grandi hanno la possibilità di insegnare agli altri il crimine”.
Senza contare che, in effetti, il passaggio per i maggiorenni dai carceri minorili a quelli normali è impedito, anche e soprattutto, dall’endemica situazione di sovraffollamento di questi ultimi. “Certo, la questione principale resta quella delle carceri – conferma Bernardini – da qualunque parte la si veda. Nel senso che ospitano migliaia e migliaia di detenuti fino ai 25 anni che hanno commesso un reato minore quand’erano già maggiorenni: se anche loro avessero accesso alle strutture minorili, che rappresentano un’altra dimensione del mondo penitenziario e costano pure meno, si risolverebbero alcuni problemi”.