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Marcia per l’amnistia. Penalisti: non una passeggiata, ma un impegno politico
“L’altro ieri si è tenuta la Marcia per l’Amnistia. Non è stata una passeggiata, ma un impegno politico. E non sarà una passeggiata convincere i due terzi del parlamento a votare un provvedimento di clemenza. Ma ci sono ragioni che ci fanno sperare nella possibilità di un percorso virtuoso”. Lo afferma in una nota la Giunta dell’Unione camere penali. “Vedere assieme i Radicali promotori e la politica trasversale dei 40 deputati, l’Anci e i cappellani delle tante carceri italiane, giornalisti e accademici, la forza dei laici e la speranza dei religiosi, i tanti avvocati dell’Unione venire da tutte le Camere Penali italiane, ci fa credere che sia ancora possibile trasformare la cultura della legalità e delle garanzie in azione politica”, aggiunge la nota.
“Coniugare l’idea di clemenza con quella del ripristino della legalità. Crediamo che non sia impossibile convincere che un carcere giusto e dignitoso è un interesse dell’intera collettività e che una pena che non sia solo repressione e punizione, ma rieducazione operata in una condizione di rispetto della dignità del condannato, serva indubbiamente a ridurre la recidiva e, dunque, ad aumentare la sicurezza. Ha detto il ministro Orlando, rispondendo alla richiesta di una legge di amnistia e di indulto, che in passato simili provvedimenti hanno avuto effetto temporaneo”, prosegue. “Ma la carcerizzazione, signor ministro, non è un accidente naturale che dipende dalle immutabili leggi della fisica. L’uso del carcere dipende dalle leggi del Parlamento e dalle interpretazioni e dalle applicazioni che di esse fa la magistratura. Ridurre il ricorso alla custodia cautelare potrebbe evitare che il 40% dei detenuti sia costituito da imputati in attesa di giudizio. Una attuazione rapida ed effettiva delle linee di delega per la riforma dell’ordinamento penitenziario e delle nuove idee che sono uscite dai tavoli dell’esecuzione penale renderebbe fruibile un numero maggiore di misure alternative”, sottolinea la nota. “Una riduzione del numero dei detenuti consentirebbe di indirizzare risorse verso un miglioramento delle strutture. Non sarà una passeggiata, ma crediamo che sia possibile. Perché, come sa il ministro della Giustizia, ripristinare la legalità della detenzione, far sì che chi ora vive la detenzione, come da anni denunciamo, in maniera indegna di un paese civile, sia sottratto a questa umiliante condizione, è un fine che si giustifica in sé e che dovrebbe convincere Governo e Parlamento della urgenza e della inevitabilità di questa scelta.