IL CORRIERE DELLA SERA
Mille detenuti in Piazza San Pietro. Il Papa: “Chiedo un atto di clemenza”
lun. 7 – In San Pietro la Messa per i carcerati. Francesco: “Ogni volta che entro in un carcere mi chiedo perché loro e non io. Ma non pensiamo di non poter essere perdonati”.
Un “atto di clemenza” per i detenuti. Dopo la messa per il Giubileo delle carceri, Francesco si rivolge alle “autorità competenti” per chiedere un gesto alla fine dell’Anno Santo della Misericordia. “Vorrei rivolgere un appello in favore del miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri in tutto il mondo, affinché sia rispettata pienamente la dignità umana dei detenuti”, esordisce.
“Inoltre, desidero ribadire l’importanza di riflettere sulla necessità di una giustizia penale che non sia esclusivamente punitiva, ma aperta alla speranza e alla prospettiva di reinserire il reo nella società”. Di qui l’appello: “In modo speciale, sottopongo alla considerazione delle competenti Autorità civili di ogni Paese la possibilità di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento”.
“Perché non io?” – “Ogni volta che entro in un carcere, penso: perché loro e non io?”. Francesco va oltre il testo scritto e guarda i carcerati che affollano la Basilica di San Pietro, “tutti abbiamo la possibilità si sbagliare, tutti in un’altra maniera abbiamo sbagliato…”. È una riflessione sulla speranza e la liberazione, l’omelia che il Papa rivolge ad oltre mille detenuti arrivati da dodici paesi del mondo con familiari, operatori, volontari, polizia penitenziaria. Tra le navate, per il Giubileo dei carcerati, si vedono almeno quattromila persone, tanti sono arrivati con i bambini. “Il Giubileo, per sua stessa natura, porta con sé l’annuncio della liberazione. Non dipende da me poterla concedere, ma suscitare in ognuno di voi il desiderio della vera libertà è un compito a cui la Chiesa non può rinunciare”, dice Bergoglio.
“A volte, una certa ipocrisia spinge a vedere in voi solo delle persone che hanno sbagliato, per le quali l’unica via è quella del carcere. Non si pensa alla possibilità di cambiare vita, c’è poca fiducia nella riabilitazione. Ma in questo modo si dimentica che tutti siamo peccatori e, spesso, siamo anche prigionieri senza rendercene conto”. Le parole di Francesco non sono rivolte soltanto all’universo carcerario: “Quando si rimane chiusi nei propri pregiudizi, o si è schiavi degli idoli di un falso benessere, quando ci si muove dentro schemi ideologici o si assolutizzano leggi di mercato che schiacciano le persone, in realtà non si fa altro che stare tra le strette pareti della cella dell’individualismo e dell’autosufficienza, privati della verità che genera la libertà. E puntare il dito contro qualcuno che ha sbagliato non può diventare un alibi per nascondere le proprie contraddizioni”.
L’essenziale del Vangelo – “Ero prigioniero e siete venuti a trovarmi”. Dall’inizio del pontificato Francesco indica ai fedeli il capitolo 25 del Vangelo di Matteo, le parole di Gesù sull’atteggiamento che distinguerà i giusti dai dannati, “lì c’è tutto l’essenziale”. I poveri, i migranti, i carcerati. Per questo, mentre si avvicina la conclusione (il 20 novembre) dell’Anno Santo della Misericordia, ha voluto dedicare due giorni all’universo delle prigioni. Sabato le confessioni nelle chiese giubilari, il pellegrinaggio alla Porta santa.
Ed ora la messa, le parole di Francesco: “Oggi celebriamo il Giubileo della Misericordia per voi e con voi, fratelli e sorelle carcerati. Ed è con questa espressione dell’amore di Dio, la misericordia, che sentiamo il bisogno di confrontarci. Certo, il mancato rispetto della legge ha meritato la condanna; e la privazione della libertà è la forma più pesante della pena che si sconta, perché tocca la persona nel suo nucleo più intimo. Eppure, la speranza non può venire meno. Una cosa, infatti, è ciò che meritiamo per il male compiuto; altra cosa, invece, è il “respiro” della speranza, che non può essere soffocato da niente e da nessuno”.
Il perdono – Del resto, “nessuno davanti a Dio può considerarsi giusto, ma nessuno può vivere senza la certezza di trovare il perdono” considera il pontefice. “Il ladro pentito, crocifisso insieme a Gesù, lo ha accompagnato in paradiso. Nessuno di voi, pertanto, si rinchiuda nel passato!”, esclama. Accanto all’altare c’è una Madonna col Bambino che spezza le catene. Francesco conclude: “La storia passata, anche se lo volessimo, non può essere riscritta. Ma la storia che inizia oggi, e che guarda al futuro, è ancora tutta da scrivere, con la grazia di Dio e con la vostra personale responsabilità. Imparando dagli sbagli del passato, si può aprire un nuovo capitolo della vita. Non cadiamo nella tentazione di pensare di non poter essere perdonati”. Gian Guido Vecchi