IL SOLE 24 ORE
Le reazioni. Parlamento in ordine sparso
Sull’ipotesi clemenza Lega all’attacco, sì Ncd-Fi e Pd diviso
Roma. Per ora non esiste in Parlamento una maggioranza dei due terzi in grado di approvare un provvedimento di clemenza come quello chiesto ieri dal Pontefice. Un film già visto fra l’altro anche in passato, quando già Wojtila si era speso per una misura in favore dei detenuti in occasione del Giubileo del 2000 riuscendo a ottenere un indulto solo dopo sei anni. Anche ieri, subito dopo l’appello di Papa Bergoglio, ogni partito è sceso in campo per rivendicare la propria posizione in merito, rivelando che le condizioni per un provvedimento di clemenza non sono a portata di mano. Il leader leghista Matteo Salvini non ha perso un attimo per rimarcare che lui «più che ai carcerati pensa alle vittime dei loro reati». E se Ncd e Forza Italia aprono alla proposta confermando la loro propensione a concedere un’amnistia o un indulto, il Pd si presenta (anche qui in linea con il passato) diviso tra chi è favorevole e chi preferirebbe svuotare le carceri con provvedimenti diversi dalla clemenza. Chi invece gioisce per le parole di Bergoglio è Marco Pannella: «Non so se le vie di quale Signore sono davvero infinite, dobbiamo prenderne atto che potendolo, rispetto a tutti quelli che lo potevano, solo Papa Francesco ha fatto vivere e ha tradotto in una realtà che investe l’Italia e gli italiani, questa ottemperanza a quanto il Capo di Stato italiano ha formalmente chiesto a istituzioni che sono le istituzioni non a mio avviso tanto dello Stato Italiano quanto del regime che lo soffoca».
Quanto al partito del premier, prevale l’idea che per svuotare le carceri siano più efficaci le pene alternative che i provvedimenti di clemenza. È il capogruppo in commissione Giustizia della Camera Walter Verini a riassumere la posizione prevalente del partito (non condivisa da cattolici e da altri esponenti come Luigi Manconi): «Voglio ricordare che negli ultimi due anni, governo e parlamento hanno adottato una serie di misure per umanizzare la detenzione, riducendo da un lato il sovraffollamento carceraio e lavorato molto per rendere concreto l’obiettvo della rieducazione e del reinserimento. Abbiamo investito molto sul binomio umanità sicurezza».
Quanto ai numeri, è un dato di fatto che i detenuti siano diminuiti di molto – circa 14mila unità – dal picco raggiunto a gennaio 2013, quando Strasburgo condannò l’Italia per il sovraffollamento carcerario: allora erano circa 66mila. L’ultima rilevazione del 31 luglio scorso indica 52.144 presenze a fronte di una capienza regolamentare di 49.655 posti. Sul calo ha inciso una serie di interventi messi in campo da governo e parlamento. In cima alla lista, i provvedimenti per incentivare il ricorso alle misure alternative al carcere. A decongestionare i penitenziari ha concorso anche la riforma della custodia cautelare, l’introduzione della tenuità del fatto che consente al pm di chiedere l’archiviazione per fatti di piccola entità evitando la reclusione, le 13 convenzioni firmate dal ministero e altrettante Regioni per agevolare la riabilitazione in comunità e il lavoro per i detenuti tossicodipendenti. Effetti importanti ha avuto anche la sentenza della Consulta che ha bocciato la legge Fini-Giovanardi e l’equiparazione, anche sul piano delle pene, delle droghe leggere con quelle pesanti. M. Se.