IL SOLE 24 ORE
Cassazione. Illegittimo l’avviso se mancano le presunzioni gravi, precise e concordanti
Accertamento, la pretesa deve essere motivata
È illegittimo l’accertamento su una dichiarazione omessa che non motivi adeguatamente la pretesa e che non riconosca i costi presunti in abbattimento del maggior reddito ricostruito induttivamente. Ad affermare questi importanti principi è la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11074 depositata ieri.
L’Agenzia aveva determinato nei confronti di un contribuente una plusvalenza a seguito di cessione di “licenza taxi”.
Nel ricorso il contribuente aveva evidenziato, tra l’altro, che l’ufficio aveva eseguito una ricostruzione induttiva del valore attraverso indagini di mercato tramite internet, delle quali non era dato alcun conto in motivazione. Mancavano, infatti, presunzioni gravi, precise e concordanti e ogni riferimento che avrebbe consentito al contribuente un riscontro del criterio utilizzato. Entrambi i giudici di merito, avevano confermato, in buona sostanza, la pretesa. Il contribuente era allora ricorso in cassazione.
La Suprema Corte, riformando le decisioni di merito, ha ricordato che l’articolo 42 Dpr 600/73, richiede l’indicazione non soltanto degli estremi del titolo e della pretesa impositiva, ma anche dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, al fine di porre il contribuente in condizione di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an e il quantum dovuto.
Tali elementi devono essere forniti già nel provvedimento emesso, e con un sufficiente grado di determinatezza e intelligibilità che consenta al destinatario un esercizio «non difficoltoso del diritto di difesa»
L’Agenzia è così tenuta a fornire specifica dimostrazione dei presupposti della pretesa con riguardo alla motivazione e all’ammontare.
I giudici di legittimità hanno poi chiarito che nel caso di dichiarazione omessa, l’amministrazione può accertare i redditi sulla base di dati e notizie comunque raccolti, utilizzando qualsiasi elemento probatorio e ricorrendo al metodo induttivo, attraverso presunzioni supersemplici, cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. L’onere della prova viene così invertito in capo al contribuente, il quale può produrre elementi contrari per dimostrare che quel reddito così accertato, non è stato prodotto. Tuttavia, anche in questo caso, l’ufficio deve indicare i criteri logici, le proprie fonti di convincimento e le prove utilizzate per la ricostruzione del reddito, poiché solo così il contribuente può riscontrarne correttezza e veridicità per esercitare il diritto di difesa.
Infine, è stato ribadito che in presenza di dichiarazione omessa e di accertamento induttivo, l’ufficio deve considerare anche le componenti negative. Nella specie, peraltro, non trovano applicazione le limitazioni in tema di prova dei costi e degli oneri, poiché non si tratta di una dichiarazione infedele ma omessa Se non venissero considerati i costi, rileva la sentenza, si assoggetterebbe a imposta il profitto lordo e non il reddito di impresa, violando l’articolo 53 della Costituzione. Laura Ambrosi