IL SOLE 24 ORE
Misure di prevenzione. Per il sequestro allargato ai fini di confisca
Al Pm la prova dell’illiceità dei patrimoni
Milano. Spetta all’accusa, quando dispone il sequestro preventivo allargato ai fini di confisca, dimostrare la sproporzione dei beni nella disponibilità dell’indagato. Ed è sempre onere del pubblico ministero, più a monte, calcolare l’entità dei depositi bancari su cui applicare le garanzie di legge, non potendo ribaltare questa attività – anche per semplici ragioni operative – sul soggetto che subisce il provvedimento cautelare.
La Sesta sezione penale della Cassazione (sentenza 16111/16, depositata ieri) ha annullato con rinvio l’ordinanza con cui il tribunale di Catanzaro aveva confermato il decreto preventivo del Gip locale nell’ambito di un’indagine preliminare per traffico di droga. Il provvedimento ablativo aveva riguardato la ditta individuale dell’indagato, compresi i beni aziendali, oltre ai conti correnti bancari dello stesso e dei familiari più stretti, in applicazione della legge 356/1992 (articolo 12-sexies: «è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica»).
Secondo la Sesta, i giudici calabresi hanno in sostanza ribaltato i presupposti della legge 356, peraltro ponendo l’indagato di fronte a una probatio impossibile: il sequestro dei conti aveva di fatto escluso nel modo più assoluto il titolare e i suoi familiari dall’accesso al rapporto bancario.
I presupposti del sequestro allargato, ricorda la Corte, sono la mancata giustificazione della provenienza delle risorse sospette, e in secondo luogo la loro sproporzione rispetto alla capacità di reddito dell’indagato. Se è vero che la provenienza non può che essere giustificata dal detentore della ricchezza, non altrettanto può dirsi della sproporzione «che va valutata in quanto la stessa risulti positivamente, non potendosi dunque far gravare sulla parte nei cui confronti è emesso il provvedimento ablatorio l’onere di fornire preventivamente la prova contraria». In sostanza la presunzione di illegittima provenienza, che fa scattare l’onere probatorio a carico della parte interessata, presuppone che sia accertata la sproporzione tra guadagni e patrimonio. Ma l’accertamento del patrimonio resta totalmente a carico della pubblica accusa.
Alessandro Galimberti