CASSAZIONE: Amministratori senza incarico (Italia Oggi Sette)

ITALIA OGGI SETTE

Cassazione sulla gestione di fatto del condominio e sulla durata del mandato
Amministratori senza incarico
Se manca la delibera, la nomina può essere tacita

lun.11 – Per amministrare un condominio non occorre necessariamente un incarico formale. Ove, infatti, manchi la delibera assembleare di nomina dell’amministratore (e, quindi, anche l’annotazione delle generalità del medesimo nello speciale registro di cui all’art. 1130, comma 1, n. 7, c.c.), lo stesso può considerarsi in carica per tacito rinnovo del mandato, ove risulti un comportamento concludente da parte dei condomini, che lo abbiano considerato tale a tutti gli effetti, rivolgendosi abitualmente al medesimo in detta veste e senza mai metterne in discussione i poteri di gestione e la rappresentanza del condominio.
Questo il principio che emerge dalla sentenza n. 2242 della seconda sezione civile della Cassazione, depositata in cancelleria lo scorso 4 febbraio 2016. La decisione in questione arriva tra l’altro proprio nel momento in cui più ferve il dibattito sulla durata del mandato dell’amministratore condominiale a seguito della nuova disposizione introdotta dalla legge n. 220/2012 di riforma del condominio (si veda ItaliaOggi Sette dell’8 febbraio 2016) e potrebbe aggiungere ulteriori elementi di riflessione.
Il caso concreto. Nella specie un condominio aveva presentato opposizione nei confronti del decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dal condominio per il mancato pagamento dei relativi oneri. L’opposizione era stata respinta e il condomino aveva allora impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di appello, contestando in via pregiudiziale, per la prima volta, il difetto di legittimazione attiva del condominio, poiché la procura rilasciata in relazione al procedimento monitorio era stata rilasciata da un soggetto che non risultava essere formalmente l’amministratore. I giudici di secondo grado avevano però evidenziato come l’eccezione in questione fosse tardiva, non essendo stata proposta nel giudizio di prime cure, e comunque infondata nel merito, in quanto nel corso del procedimento era emerso che il soggetto di cui si contestava la qualifica di amministratore avesse svolto varie attività in rappresentanza del condominio, per esempio partecipando alle assemblee per l’approvazione del riparto delle spese e inviando la diffida di pagamento al condomino opponente. Anche l’appello era stato dunque rigettato e il condomino aveva allora deciso di ricorrere in Cassazione.
La decisione della Suprema corte. Anche la Cassazione ha però rigettato l’eccezione pregiudiziale in questione, chiarendo meglio i contorni della questione ed esprimendo interessanti considerazioni in tema di nomina dell’amministratore condominiale.
I giudici di legittimità hanno in primo luogo chiarito come l’eccezione in questione non riguardasse propriamente il difetto di legittimazione attiva del condominio, quanto piuttosto il preteso difetto del potere di rappresentanza di quest’ultimo in capo al soggetto che aveva fornito il mandato al legale incaricato di richiedere l’emissione del decreto ingiuntivo per il mancato pagamento delle spese comuni.
La seconda sezione civile della Cassazione, nel fare proprie le conclusioni alle quali erano pervenuti i giudici di merito, ha quindi evidenziato come alla nomina dell’amministratore, giusto il rapporto contrattuale di mandato che regolamenta i rapporti di quest’ultimo con la compagine condominiale, sia applicabile l’art. 1392 c.c., che disciplina i requisiti di forma della procura, ovvero dell’atto con cui un soggetto conferisce a un terzo il potere di compiere atti giuridici in nome proprio e dal quale sorge il diritto di rappresentanza. Detta disposizione codicistica prevede che la procura sia efficace soltanto laddove abbia la forma prescritta per l’atto che il procuratore (rappresentante) è chiamato a concludere. Ne discende, quindi, che la stessa deve avere necessariamente forma scritta soltanto laddove l’atto da compiere necessiti a sua volta, per esplicare i propri effetti, della medesima forma. In caso contrario la procura potrà anche essere verbale o tacita, ovvero desunta da comportamenti concludenti.
Sulla base di questa disposizione i giudici di legittimità hanno quindi concluso che la nomina dell’amministratore, anche in mancanza di una specifica delibera assembleare (e della conseguente annotazione delle generalità del medesimo nello speciale registro di cui all’art. 1130, comma 1, n. 7, c.c.), possa desumersi dal comportamento concludente dei condomini che abbiano considerato una data persona quale amministratore condominiale, rivolgendosi abitualmente a questa per il disbrigo delle varie questioni legate alla gestione del condominio, senza mai metterne in discussione i relativi poteri e la rappresentanza.
Si tratta, a ben vedere, del riconoscimento della figura dell’amministratore condominiale di fatto, figura generalmente ritenuta non configurabile dalla dottrina. A maggior ragione dopo la riforma del 2012, che ha preteso una maggiore formalizzazione del rapporto tra amministratore e condomini, sia prevedendo una sorta di accettazione della nomina assembleare, sia richiedendo come obbligatorio, a pena di nullità della delibera, la presentazione di un preventivo relativo al compenso richiesto, sia ammettendo che la nomina possa essere subordinata dall’assemblea alla stipula di una polizza assicurativa per la responsabilità civile, sia ancora indicando una serie di requisiti necessari per tale nomina, la verifica dei quali è nuovamente lasciata all’assemblea. Questi e ulteriori adempimenti connessi alla designazione dell’amministratore sembrano infatti difficilmente conciliabili con una nomina tacita.
La questione della durata del mandato dell’amministratore condominiale. La posizione espressa dalla Suprema corte sulle modalità di nomina dell’amministratore potrebbe quindi incidere anche sul dibattito in corso relativamente alla durata dell’incarico, alle modalità del suo rinnovo e alla permanenza dell’istituto della c.d. prorogatio.
Non è chiaro, infatti, quale sia la durata del mandato dell’amministratore condominiale. Il vecchio art. 1129 c.c. si limitava a stabilire che quest’ultimo restasse in carica per un anno. Si riteneva, quindi, per il combinato disposto di cui agli artt. 66 disp. att. c.c. e 1135 c.c., che lo stesso dovesse sempre ottenere la conferma dell’incarico annuale da parte dell’assemblea (con le stesse maggioranze previste per la prima nomina, salvo qualche isolata decisione di merito di segno contrario), ossia una nuova nomina della durata di un anno. Nel caso in cui non fosse stata raggiunta la necessaria maggioranza, si ricorreva quindi generalmente all’applicazione analogica dell’istituto della c.d. prorogatio, in base al quale l’amministratore era temporaneamente legittimato a curare gli interessi del condominio in attesa della decisione assembleare sulla conferma del suo incarico o sulla nomina di un nuovo mandatario.
Con il nuovo art. 1129, comma 10, c.c., il legislatore ha quindi confermato che la durata dell’incarico dell’amministratore è annuale, ma ha altresì sibillinamente aggiunto che il relativo incarico si intende rinnovato per eguale durata. Di qui l’incertezza interpretativa sulla reale durata del mandato. Il dibattito si è quindi incentrato da una parte sul funzionamento di detto meccanismo di rinnovo automatico ex lege e, dall’altra, sulla necessità o meno di inserire all’ordine del giorno dell’assemblea la questione della nomina/conferma dell’amministratore.
Sul primo tema vi è chi sostiene la tesi dell’indeterminatezza temporale di tale meccanismo di rinnovo, nel senso che il mandato continuerebbe tacitamente anno dopo anno, salvo che ne intervenga la revoca. Un altro orientamento, recentemente fatto proprio dai tribunali di Milano e Cassino, ritiene invece che il rinnovo automatico valga soltanto per il primo biennio di durata in carica dell’amministratore.
Il secondo aspetto sul quale si è acceso il dibattito è stato quindi quello relativo all’obbligo di continuare a indicare tra le questioni all’ordine del giorno dell’assemblea ordinaria quella relativa alla conferma/revoca dell’amministratore. I menzionati precedenti giudiziali di Milano e Cassino hanno infatti avallato la prassi di non indicare più tale questione all’ordine del giorno, anche se soltanto per il primo rinnovo biennale. Detta omissione da parte dell’amministratore è infatti stata giudicata conforme alla nuova disciplina condominiale, secondo la quale la durata annuale dell’incarico è tacitamente prorogabile per un altro anno, salvo delibera di revoca assunta dall’assemblea. Gianfranco Di Rago

Foto del profilo di Andrea Gentile

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