IL SOLE 24 ORE
Sezioni unite/1. L’indisponibilità dello strumento non impedisce da sola l’alternativa domiciliare al carcere
Arresti anche se manca il braccialetto
Decisivo solo il «no» dell’interessato all’uso del controllo elettronico
Milano. Il giudice può disporre comunque gli arresti domiciliari anche se il braccialetto elettronico non è disponibile. Deciderà caso per caso sull’idoneità e adeguatezza delle misure da disporre in risposta alle diverse esigenze cautelari. Lo stabiliscono le Sezioni unite penali della Corte di cassazione con la sentenza n. 20769 depositata ieri. La pronuncia risolve una contrasto emerso all’interno della stessa Corte sulle conseguenze dell’indisponibilità dello strumento.
Le Sezioni unite, sul piano delle politiche della giustizia e carcerarie in particolare, individuano negli ultimi anni, soprattutto dopo la condanna ricevuta dall’Italia con la sentenza Torreggiani della Corte europea dei diritti dell’uomo, una spinta al potenziamento della sorveglianza elettronica come strumento di controllo alternativo al carcere. Tendenza da ultimo resa ancora più evidente dalla legge n. 47 del 2015 che si propone di ridurre ulteriormente il ricorso alla custodia in carcere. In questo senso, la riforma dell’anno scorso punta a recuperare il sistema delle garanzie costituzionali fondamentali di tassatività delle restrizioni della libertà personale e della presunzione di non colpevolezza dell’imputato.
Scendendo nel particolare, invece, le Sezioni unite chiariscono che gli arresti domiciliari con le procedure di controllo attraverso il braccialetto non rappresentano una misura autonoma da collocare a un livello intermedio tra la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari “semplici”. Arrivati a questa prima conclusione i giudici della Cassazione sottolineano che la verifica da parte del giudice della concreta disponibilità dell’apparecchio avviene in una fase antecedente alla decisione sulla misura cautelare da applicare.
Il passo successivo valorizza il dato normativo del consenso della persona interessata all’applicazione dello strumento elettronico. In caso di mancato consenso il giudice dispone la custodia cautelare in carcere. «Il dissenso dell’interessato – puntualizza la sentenza – all’adozione dei mezzi elettronici o altri strumenti tecnici si pone, pertanto, quale condizione ostativa della possibilità di applicazione degli arresti domiciliari di cui all’articolo 275 bis». Però si tratta dell’unica, esplicita, condizione ostativa, mentre la norma non prevede che l’indisponibilità del dispositivo conduca direttamente alla custodia cautelare in carcere.
Un’affermazione di tenore diverso contrasterebbe invece con lo spirito della riforma delle misure cautelari: la chiara volontà del legislatore di ridurre il più possibile l’applicazione della custodia in carcere, con l’intenzione di limitare il sovraffollamento degli istituti di pena, «rende inaccettabili interpretazioni della norma che comportano automatismi nell’applicazione della misura custodiale in carcere».
Toccherà quindi al giudice del caso concreto decidere, verificata l’indisponibilità del braccialetto, quando disporre il carcere e quando gli arresti domiciliari “semplici”. Giovanni Negri