ITALIA OGGI SETTE
Assegni divorzili sganciati dalla casa in comproprietà
dom.1 – Ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio la comproprietà della casa coniugale non ha alcuna efficacia: lo ha chiarito la Cassazione nell’ordinanza n. 8158/2016. Intervenuta sul ricorso di un uomo, un ex marito, avverso la sentenza di merito (confermata anche in appello), a seguito della quale, oltre al pagamento di un assegno divorzile, uno di mantenimento per i figli maggiorenni non ancora autosufficienti ed al rimborso del 50% delle spese straordinarie, i giudici del merito avevano provveduto ad attribuire all’ex moglie anche la casa coniugale, la Corte ha precisato che «la comproprietà non è produttiva di alcun reddito».
A nulla sono valsi i motivi di censura attraverso i quali l’uomo lamentava il fatto che il giudice di prime cure aveva «quantificato in modo errato l’assegno divorzile, senza procedere a una valutazione completa e comparativa delle condizioni patrimoniali di entrambi i coniugi», contestando al collegio l’aver focalizzato la propria attenzione «principalmente» sulla sua condizione reddituale attuale, «accertandola in via presuntiva», senza considerare che ex lege detto accertamento avrebbe dovuto procedere attraverso una «valutazione concreta ed oggettiva sia dei mezzi posseduti dal richiedente al momento della pronuncia del divorzio, che di quelli che possono essere acquisiti successivamente e/o trasformati in fonti di reddito»: secondo i giudici della VI-1 sezione civile le argomentazioni proposte andavano disattese.L’omesso esame di dati materiali che, ove valutati, avrebbero potuto dimostrare come l’ex moglie disponeva di mezzi adeguati alla conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio era stata infondatamente prospettata, stante il fatto che il giudice non è tenuto a dare conto in motivazione di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, «essendo, invece, sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’“iter” logico seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni». Hanno, quindi, rigettato il ricorso e condannato il ricorrente alle spese processuali. Adelaide Caravaglios