CASSAZIONE: Cliente è chi fa procura (Italia Oggi Sette)

ITALIA OGGI SETTE

La Cassazione pone una parola chiarificatrice sulla qualificazione
Cliente è chi fa procura
Tra gli effetti, l’obbligo di pagare il legale

Lun.25 – La prima sezione civile della Corte di Cassazione con una sentenza dello scorso 14 aprile (n. 7382) ha posto una parola chiarificatrice circa la qualificazione del cliente nei rapporti con un avvocato: cliente, cioè colui che sarà tenuto al pagamento del compenso professionale, dovrà essere considerato chi ha materialmente rilasciato la procura alle liti.
I giudici di piazza Cavour nella sentenza in commento hanno altresì evidenziato come un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale abbia chiarito che l’accertamento di quale sia la situazione ricorrente di volta in volta nel caso concreto – cioè se la procura al legale che chieda il pagamento del compenso sia stata conferita dal legale che abbia ricevuto la procura alle
liti dal cliente (ex art. 2232 c.c.) oppure (come nel nostro caso) direttamente dallo stesso cliente finale – sia una questione di fatto che, essendo rimessa alla valutazione del giudice di merito, si sottrae al vaglio di legittimità della Cassazione. Il caso sottoposto all’attenzione degli Ermellini vedeva un avvocato, Tizio, che proponeva diversi decreti ingiuntivi per il pagamento di alcuni compensi nei confronti di alcuni clienti, alcuni dei quali pienamente accordati, altri ridotti e la Corte d’appello aveva rigettato i motivi di gravame con i quali alcuni dei destinatari dei decreti avevano dedotto l’insussistenza di un rapporto professionale tra loro e l’avvocato Tizio, ma solo con l’avvocato Caio al quale avevano corrisposto il compenso. Secondo i giudici della Corte d’appello era, comunque, dimostrato con il rilascio della procura alle liti il conferimento di specifici mandati professionali anche a Tizio, che li aveva espletati in aggiunta al mandato conferito all’altro avvocato. I giudici di merito avevano accertato che la procura all’avvocato Tizio era stata conferita direttamente dai ricorrenti e avevano precisato che l’opera da lui svolta non rientrava tra le attività costituenti oggetto della collaborazione professionale in esclusiva con Caio e che il primo non faceva parte dello studio del secondo. L’affermazione secondo la quale non ci sarebbero stati contatti diretti tra i ricorrenti e l’avv. Tizio non scalfisce, secondo i giudici della Cassazione, la portata del suddetto accertamento, dal quale i giudici di merito hanno tratto la conclusione del conferimento al medesimo avv. G. del mandato di patrocinio professionale. Questa conclusione, secondo la Suprema corte, è conforme a diritto, poiché «se è vero che per la conclusione del contratto di patrocinio con il cliente non occorre il rilascio della procura ad litem, che è necessaria solo per il compimento dell’attività processuale (v., da ultimo, Cass. n. 13927/2015), e se è anche vero (…) che obbligato al pagamento del compenso potrebbe essere chi non ha dato la procura, è però anche vero che, in mancanza di una prova del conferimento dell’incarico professionale da parte di altro soggetto, si deve «presumere che il cliente è colui che ha rilasciato la procura» e, quindi, è tenuto al pagamento (v. Cass. n. 13401/2015, n. 26060/2013, n. 4959/2012)». Angelo Costa

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