IL SOLE 24 ORE
Penale. Nuova verifica dopo i persistenti contrasti giurisprudenziali sulla «collaborazione» con Cosa Nostra
Concorso esterno alle sezioni unite
Milano. La questione del concorso esterno è storicamente tra le più dibattute del nostro diritto penale. Almeno per quanto riguarda il diritto di cittadinanza della contestazione dell’appoggio a Cosa Nostra da parte di chi non è affiliato all’organizzazione. Adesso saranno le Sezioni unite della Cassazione a stabilirne la portata espansiva: la Prima sezione penale, al termine dell’udienza del 13 maggio, ha infatti rinviato a loro la risposta al quesito «se sia configurabile il cosiddetto concorso esterno nel delitto di associazione per delinquere, previsto dall’articolo 416 del Codice penale».
Una decisione che si preannuncia cruciale per mettere un punto fermo quando la giurisprudenza è ancora lontana dall’essersi assestata sul fronte dell’appoggio alla “sola” associazione mafiosa, articolo 416-bis del Codice. Negli ultimi mesi, per esempio, proprio in Sicilia due sentenze si sono espresse in termini opposti. Il gip di Catania, lo scorso 16 febbraio, ha prosciolto un indagato per concorso esterno in associazione mafiosa perchè il fatto che gli era imputato non è previsto dalla legge come reato.
Il gip valorizza le conclusioni di due sentenze, entrambe del 2015, in tema di associazione mafiosa (sentenza n. 48 della Corte costituzionale e sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) sul «caso Contrada» del 14 aprile), per precisare che «anche alla luce delle superiori sentenze, occorre pregiudizialmente rispondere al quesito se sia previsto nell’ordinamento giuridico italiano il cosiddetto concorso esterno in associazione mafiosa. Al quesito si deve dare risposta negativa».
Poche settimane dopo, invece, il 17 marzo, la Corte d’appello di Caltanissetta, ha respinto l’istanza di revisione del processo, presentata da Bruno Contrada, mettendo in evidenza come «al di là (…) delle suggestioni polemiche e delle esigenze di rafforzamento argomentativo che tali formulazioni possono esprimere, parlare di “inesistenza del reato” e di “mera creazione giurisprudenziale” del concorso esterno, per sintetizzare i contenuti della decisione della Cedu, costituisce se non un vero e proprio errore giuridico quantomeno una disinvolta forzatura tecnica».
Nel rinviare alle Sezioni unite, in assenza delle motivazioni che saranno note solo tra qualche tempo, la Prima sezione ricorda le principali pronunce favorevoli all’uno o all’altro orientamento. Più risalente quello contrario alla configurabilità del concorso, sintetizzato, nel 1994, dalla sentenza n. 2343. In base ad essa, «affinché una condotta sia ritenuta punibile a titolo di concorso in un determinato reato, ai sensi dell’articolo 110 Codice penale, sono necessari un contributo causale (materiale o semplicemente morale o psichico), e il dolo richiesti per il reato medesimo».
Mentre nel 2012, la Cassazione, sentenza n. 47602, sottolineava la rilevanza penale di prestazioni occasionali di singoli comportamenti dotati di «idoneità causale» per il raggiungimento dello scopo dell’associazione criminale o per la conservazione della sua struttura. Giovanni Negri