ITALIA OGGI
Corte di cassazione
Confisca allargata ko
La confisca allargata è nulla se l’accusa non dimostra l’ammontare esatto del patrimonio dell’indagato fra cui il denaro depositato in banca. La misura è validamente disposta quando sussiste sproporzione fra i redditi dichiarati e il tenore di vita. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 16111 del 19 aprile 2016, ha accolto il ricorso di tre indagati per spaccio e truffa.
In poche parole, per la sesta sezione penale, la misura non può essere mantenuta se non viene dimostrata la sproporzione fra il dichiarato e il patrimonio. Per usare le parole dei Supremi giudici, la confisca allargata di cui all’art. 12-sexies, dl 306 del 1992, convertito con modificazioni dalla legge 356 del 1992, postula che vi siano beni, denaro o utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui anche per interposta persona risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito. In altri termini, i presupposti sono costituiti da un lato dalla mancata giustificazione della provenienza e dall’altro dalla sproporzione. Ma se la provenienza dev’essere giustificata dalla parte che vi ha interesse, non altrettanto può dirsi con riguardo alla sproporzione, che va valutata in quanto la stessa risulti positivamente, non potendosi dunque far gravare sulla parte nei cui confronti è emesso il provvedimento ablatorio l’onere di fornire preventivamente la prova contraria. Di diverso avviso la Procura generale che ha invece sollecitato il rigetto del ricorso. Debora Alberici