IL SOLE 24 ORE
Cassazione. In caso di illecito disciplinare non si può ritardare troppo il provvedimento nei confronti del dipendente
Contestazione non rimandabile
Il datore di lavoro non può aspettare di contestare l’illecito disciplinare fino al momento in cui ha la certezza assoluta delle condotte del dipendente. Con questa decisione la Corte di cassazione (sentenza 14106 depositata ieri) ribadisce l’orientamento maggioritario in tema di necessaria tempestività delle contestazioni disciplinare.
La vicenda riguarda un dipendente arrestato, nel gennaio del 2009, per fatti estranei all’attività lavorativa. Il lavoratore aveva tenuto nascosto al datore di lavoro il suo stato di detenzione, prima mediante un certificato di malattia, poi tramite una richiesta di ferie. La società aveva contestato questa condotta solo molti mesi dopo, precisamente nell’aprile del 2010, e lo aveva licenziato al termine della procedura disciplinare.
La Cassazione ha annullato questo licenziamento, ricordando che, pur potendo il datore di lavoro effettuare tutti gli accertamenti necessari alla verifica dei fatti, non è ammissibile ritardare l’avvio della contestazione sino al momento di avere l’assoluta certezza delle condotte di cui presume l’illiceità.
La sentenza affronta anche il tema dei termini di decadenza per produrre i documenti. Il dipendente, dopo l’avvio della causa, era stato nuovamente licenziato e, pur avendo impugnato il licenziamento, non aveva depositato l’atto stragiudiziale. La Corte di appello ha ritenuto di non disporre la reintegra per mancata prova dell’impugnazione del secondo licenziamento. La Cassazione evidenzia che l’esigenza di dimostrare l’avvenuta impugnazione era emersa solo dopo la sentenza di primo grado e, quindi, il deposito dell’atto durante il processo di appello avrebbe dovuto essere consentito. Giampiero Falasca