CASSAZIONE: Contraddittorio obbligatorio prima dell’accertamento (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Studi di settore. In caso di incongruenza
Contraddittorio obbligatorio prima dell’accertamento

È illegittimo l’accertamentoinduttivo fondato sull’asserita antieconomicità discendente dall’incongruenza da studi di settore, se non preceduto dal contraddittorio preventivo. Ad affermarlo è la Cassazione con l’ordinanza 17720 di ieri.
L’agenzia delle Entrate aveva emesso un accertamento fondato sull’incongruenza dei valori dichiarati sia rispetto al risultato degli studi di settore, sia sull’antieconomicità della gestione. Il provvedimento era stato impugnato dal contribuente dinanzi al giudice tributario lamentando che non era stato attivato il contraddittorio preventivo. Entrambi i giudici di merito avevano confermato la legittimità della pretesa e in particolare la Ctr aveva escluso la necessità del contraddittorio poiché l’accertamento induttivo operato dall’ufficio non era fondato solo sugli studi di settore ma sull’indiscussa antieconomicità della gestione. Il contribuente era ricorso così in Cassazione.
La Suprema Corte, riformando la decisione di secondo grado, ha ricordato che l’accertamento induttivo può fondarsi sull’antieconomicità dell’attività svolta dal contribuente anche senza considerare gli studi di settore. In tale ipotesi, il diritto al contraddittorio preventivo (articolo 12 dello Statuto del contribuente) vale unicamente se vi è stato l’accesso presso la sede ovvero in riferimento alla rettifica Iva. In proposito, la Cassazione ha richiamato i principi affermati dalle Sezioni unite (sentenza n. 24823/2015), secondo cui per gli accertamenti a tavolino non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato di attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, salvo non sia previsto per legge. Si tratta di un principio di derivazione comunitaria e pertanto applicabile solo ai tributi “armonizzati”. Nella specie, la Ctr aveva riscontrato la legittimità della pretesa nell’evidente incongruenza del reddito rispetto ai ricavi dichiarati facendo discendere, come conseguenza, che l’antieconomicità fosse un altro elemento a supporto. Il giudice di appello, in tal modo, però aveva omesso di verificare se la pretesa fosse basata realmente su ulteriori prove, diverse dal risultato di Gerico: solo in tale ipotesi, infatti, l’assenza del confronto preventivo sarebbe stata legittima.
La decisione, pur confermando l’esclusione del contraddittorio preventivo negli accertamenti a tavolino, pare imporre al giudice di merito una più attenta valutazione degli elementi posti a base della pretesa. Non di rado, infatti, gli uffici, per bypassare l’ulteriore onere probatorio previsto per le rettifiche da studi di settore, si limitano a rilevare che il risultato dichiarato è “in ogni caso” antieconomico. Secondo la Cassazione, quindi, occorre una verifica sulle prove a sostegno di tale affermazione, in assenza delle quali l’accertamento, di fatto fondato solo sugli studi di settore, deve essere preceduto dal contraddittorio preventivo. Laura Ambrosi

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