IL SOLE 24 ORE
Condominio. Contestazione sulle parti comuni
Contro l’usucapione il titolo d’acquisto non sempre basta
Non basta il solo titolo d’acquisto per il condòmino che rivendica la proprietà del bene senza possederlo. Quando la proprietà del bene è controversa, occorre quindi prestare molta attenzione allo stato di fatto in cui si trova l’immobile in contestazione, perché potrebbe risultare non sufficiente a dimostrare il proprio diritto di proprietà la sola allegazione del titolo di acquisto. In questi casi, infatti, l’onere della prova deve essere correttamente graduato, in relazione alla situazione di possesso. Questo il senso della sentenza della Corte di cassazione 9959/2016, pubblicata il 16 maggio.
Classico caso è quello dell’attore che agisce con azione di rivendica della proprietà con l’opposizione del convenuto che eccepisce l’acquisto per usucapione in relazione al suo possesso ventennale: chi rivendica il suo diritto di proprietà deve dare una prova rigorosa.
Il caso affrontato dalla Corte vedeva contrapposti un gruppo di condòmini in relazione alla effettiva proprietà di un’area soprastante i locali autorimessa, costituenti pertinenza dell’immobile in condominio, che alcuni ritenevano di aver acquistato per usucapione in virtù del possesso ultraventennale, pacifico e ininterrotto del bene.
La Cassazione ha quindi stablito che «Rileva in primo luogo il profilo dell’onere della prova della proprietà del bene conteso, rimasto ambiguo e irrisolto nella penna dei giudici di merito, che hanno fatto cenno, come riferisce il ricorso, a oneri probatori non assolti in relazione alla eccezione di parte convenuta, senza prima dar conto adeguatamente se parte attrice avesse assolto pienamente l’onere probatorio specifico su di essa incompente. In proposito occorre ricordare che l’azione di accertamento della proprietà, che esime colui il quale propone l’azione dall’onere della “probatio” diabolica e lo subordina solo a quello di allegare e provare il titolo del proprio acquisto, si caratterizza per il fatto che detta azione mira non già alla modifica di uno stato di fatto, bensì solo all’eliminazione di uno stato di incertezza circa la legittimità del potere di fatto sulla cosa di cui l’attore è già investito. Nel caso invece in cui l’attore non abbia il possesso del bene o lo abbia acquistato con violenza o clandestinità, ovvero sulla cui legittimità sussista uno stato di obiettiva e seria incertezza, in relazione alle particolarità del caso concreto, parte attrice ha l’onere di offrire la stessa prova rigorosa richiesta per la rivendica, non ricorrendo in tali ipotesi la presunzione di legittimità del possesso, che giustifica l’attenuazione del rigore probatorio qualora l’azione di accertamento della proprietà sia proposta da colui che sia nel possesso del bene». Paolo Accoti