IL SOLE 24 ORE
Sezioni unite. Vulnus alle regole professionali e verifica senza emissione dell’atto
Controlli, sul segreto violato decide il giudice ordinario
Competenza del giudice ordinario per la violazione del segreto professionale da parte dei verificatori fiscali, se successivamente non viene emesso un atto impositivo. A fornire questo chiarimento sono le Sezioni unite della Cassazione con la sentenza 8587/2016 depositata ieri.
Nel corso di una verifica fiscale presso uno studio legale, veniva opposto il segreto professionale con riguardo alla corrispondenza con i clienti dello studio stesso. A tal fine i verificatori hanno richiesto l’autorizzazione alla Procura, così come previsto dall’articolo 52, comma 3, del Dpr 633/1972, che poi era stata rilasciata.
Lo studio impugnava la predetta autorizzazione dinanzi al Tar, che declinava la propria giurisdizione. Il Consiglio di Stato ha investito così le Sezioni unite le quali, con la sentenza 11082/2010, hanno confermato che non sussisteva la giurisdizione del giudice amministrativo a favore di quello tributario. Nell’occasione è stato anche precisato che il giudice tributario è competente anche sulla legittimità dell’autorizzazione, nell’ipotesi di impugnazione del provvedimento impositivo conseguente.
La vicenda è ritornata al vaglio del giudice tributario. In particolare, la Ctr ha dichiarato nuovamente la propria assenza di giurisdizione, in quanto il provvedimento successivo alla verifica fiscale emesso a carico dello studio non era stato impugnato con la conseguenza che mancava l’imprescindibile collegamento per azionare la propria giurisdizione.
Lo studio legale ricorreva così per Cassazione deducendo la violazione del principio sancito nella precedente decisione delle Sezioni unite. La causa è stata decisa nuovamente dall’alto consesso il quale ha respinto il ricorso e ha fornito ulteriori chiarimenti sulla questione. È stata innanzitutto ribadita la competenza piena ed esclusiva del giudice tributario non solo sull’impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche sulla legittimità di tutti gli atti del relativo procedimento, ivi compresa l’autorizzazione sull’opposizione del segreto professionale. Ciò in quanto l’eventuale vizio di un atto istruttorio prodromico, potrebbe determinare, per illegittimità derivata, la nullità dell’atto finale.
Al contrario, nell’ipotesi in cui l’attività di verifica non sfoci in un atto impositivo ovvero quando tale provvedimento non sia impugnato, l’autorizzazione in questione è autonomamente impugnabile dinanzi al giudice ordinario. Si tratta, infatti, di una possibile lesione del diritto soggettivo del contribuente, di non subire verifiche fiscali fuori dai casi previsti dalla legge.
In sostanza, in assenza di correlazione tra autorizzazione e atto impositivo emesso dopo la verifica, è esclusa l’impugnazione dinanzi al giudice tributario.
Tuttavia, tale improponibilità non crea, secondo l’alto consesso, un vuoto di tutela, poiché qualora il procedimento di verifica fiscale non si concluda con un atto impositivo ovvero tale atto non sia impugnato, è comunque assicurata la tutala giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario, con la possibilità, ricorrendone i presupposti, di agire anche in via cautelare.
Il giudice ordinario dovrà così accertare se l’operato dei verificatori abbia leso il diritto soggettivo del contribuente e se quindi fossero sussistenti le condizioni previste dalla norma per procedere in tal senso.
Nella pronuncia viene precisato che tale violazione si potrebbe riscontrare non solo in assenza delle condizioni per emettere il provvedimento fiscale, ma anche quando l’atto impositivo sia «del tutto avulso dall’esame dei documenti secretati».
Quest’ultimo passaggio potrebbe estendersi anche all’autorizzazione per gli accessi domiciliari per la quale, in assenza di presupposti (gravi indizi di evasione), potrebbe essere adito il giudice ordinario. Laura Ambrosi