IL SOLE 24 ORE
Cassazione/1. La Corte richiama i giudici a dare corso alla riforma in relazione ai presupposti per le manette
Custodia cautelare «tempestiva»
Milano. La distanza temporale tra i fatti contestati e il momento della decisione cautelare è «tendenzialmente dissonante con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare». Le manette, quindi, possono scattare – e fermi gli altri presupposti – solo entro un ragionevole lasso di tempo dai fatti per i quali si procede.
La Terza sezione penale della Cassazione torna sul tema del carcere preventivo per dar corso alla parte più pregnante della riforma dello scorso anno (legge 47/2015), vale a dire il nuovo parametro della «attualità» della reiterazione come presupposto per la custodia anticipata (rispetto ovviamente alla sentenza di condanna diventata esecutiva).
Con la sentenza 15924, depositata ieri, la Suprema corte ha annullato un provvedimento del riesame di Bologna che aveva confermato gli arresti per un presunto trafficante di droga, avallando l’ordinanza emessa dal Gip di Parma, ancora un po’ troppo ispirata ai canoni “pre-riforma”. La probabilità di reiterazione dell’indagato era stata pronosticata dal giudice locale sulla base della gravità del fatto – in cui l’indagato occuperebbe una posizione stabile e dentro un’organizzazione professionale di trafficanti rivolta ad alti livelli di mercato -, in aggiunta a due precedenti specifici (e a due applicazioni di misure di sorveglianza pregresse) e alla mancanza di fonti di guadagno lecite. Un quadro prognostico “classico”, quindi, ma a giudizio della Terza con un importante e non emendabile vulnus: la distanza temporale dei fatti contestati, avvenuti ben 16 mesi prima della applicazione della misura.
Tecnicamente, argomenta la Cassazione, al provvedimento dei giudici emiliani manca un pezzo importante di motivazione, relativa appunto al nuovo e ineludibile presupposto della «attualità» del rischio di reiterazione della condotta criminosa. Il Gip aveva liquidato la questione con la «capillare diffusione del mercato clandestino della droga nella Penisola» e il «consolidamento di una fitta rete di rapporti con fornitori e clienti da parte di chi ha così disinvoltamente operato nel settore a qualificati livelli», giudicando non sufficiente neppure il braccialetto elettronico. La Terza, richiamando precedenti non lontani in tema di attualità del pericolo di reiterazione e di scelta della misura (24478/15), ha sottolineato che «il lungo tempo trascorso dalla commissione del reato depone semmai a favore della mancanza di occasioni favorevoli all sua reiterazione, che non può essere superata da considerazioni astratte e generiche» come quelle dell’ordinanza impugnata.
L’«attualità», in sostanza, è cosa diversa dalla «concretezza» del pericolo di reiterazione, perchè mentre la seconda descrive «la capacità a delinquere del reo», la prima riguarda «la presenza di occasioni prossime al reato». Concetti solo apparentemente sovrapponibili, e che invece necessitano di valutazione e motivazioni differenti e differenziate. Alessandro Galimberti