CASSAZIONE: Dal legale consiglio ponderato (Italia Oggi Sette)

ITALIA OGGI SETTE
Sentenza della Corte di cassazione ricostruisce il perimetro del dovere di dissuasione
Dal legale consiglio ponderato
lun.23 – Responsabilità professionale dell’avvocato per violazione del dovere di dissuasione: il professionista, oltre ai doveri di probità, dignità e decoro; di lealtà e correttezza; di diligenza, ha anche l’obbligo di non consigliare azioni inutilmente gravose e di informare il cliente sulle caratteristiche e sulle possibili soluzioni della controversia. Non può, quindi, promuovere una causa totalmente priva di fondamento a meno che non dimostri un’irremovibile iniziativa del proprio assistito. Lo ha ricordato la Cassazione (sentenza n. 9695/2016), intervenendo sul ricorso di un legale che, nei tre motivi di censura, aveva lamentato soprattutto la mancata ammissione da parte del collegio giudicante di merito delle prove testimoniali, volte a dimostrare, a suo avviso, che la scelta di promuovere la causa era stata la conseguenza di un «consenso consapevole».
Di diverso avviso sono stati gli Ermellini, i quali, nel richiamarsi ad alcuni precedenti giurisprudenziali conformi sul punto (come Cass. nn. 24544/2009 e 6782/2015), hanno affermato che «anche a voler ammettere che l’avvocato possa patrocinare una “causa persa” a fronte di una “irremovibile iniziativa del cliente”, era palese come nel caso di specie non vi fosse stata alcuna iniziativa “per la proposizione della domanda completamente priva di fondamento”»: il legale, in realtà, non aveva tenuto conto del fatto che la corte aveva ritenuto necessaria una prova «ben diversa» da quella dallo stesso prodotta, dal momento che avrebbe dovuto dimostrare «di aver adempiuto il proprio dovere di dissuasione e che la causa era stata introdotta a seguito della “irremovibile iniziativa”» della propria cliente. Le censure mosse dal ricorrente risultavano dunque del tutto «inconferenti» rispetto alla ratio della decisione: doveva ritenersi «“completamente implausibile”» che la causa patrocinata fosse stata introdotta su sollecitazione e nella consapevolezza, da parte dell’assistita, della sua infondatezza. I giudici della VI-3 sezione civile della Suprema corte hanno quindi rigettato il ricorso e condannato la parte ricorrente a rifondere le spese di lite, oltre al rimborso di spese e accessori come per legge. Adelaide Caravaglios

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