IL SOLE 24 ORE
Cassazione. La violazione penale è ascrivibile in prima battuta a chi firma il modello
Dichiarazioni fraudolente, conta la presentazione
L’amministratore che lascia la carica prima della scadenza di Unico non commette il reato di dichiarazione fraudolenta anche se le fatture false sono state contabilizzate durante la sua gestione.
A precisarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 32348 depositata ieri. L’ex amministratore di una società era condannato per il reato di dichiarazione fraudolenta Iva relativa al 2006, mediante utilizzo di 27 documenti per operazioni inesistenti nonostante il modello fosse stato sottoscritto nel 2007 dal nuovo rappresentante legale subentrato nel frattempo.
Nel ricorso alla Cassazione, in estrema sintesi, l’imputato lamentava l’errata interpretazione della norma: dal tenore letterale, costituisce reato la presentazione della dichiarazione e non il mero inserimento delle fatture in contabilità. Nella specie, l’incarico di amministratore era cessato il 13 dicembre 2006, quindi molto tempo prima della presentazione della dichiarazione Iva, avvenuta successivamente e a cura di altro soggetto.
La Cassa zione ha accolto il ricorso. I giudici di legittimità hanno precisato innanzitutto che il momento in cui il reato è consumato coincide con la presentazione della dichiarazione nella quale sono contenuti gli elementi fittizi. Il delitto non è punibile a titolo di tentativo, ma con la concreta presentazione del modello dichiarativo, quindi le condotte pregresse sono irrilevanti ai fini penali.
In sostanza, il mero inserimento in contabilità di fatture riferite a operazioni inesistenti non costituisce di per sé reato, poiché occorre che le stesse siano concretamente contenute nella dichiarazione presentata. Ne consegue che il delitto è ascrivibile a colui che sottoscrive la dichiarazione. Nella valutazione dei fatti, invece, la Corte d’appello si era concentrata sulle condotte tenute dall’ex amministratore, trascurando però l’analisi del reale momento consumativo dell’illecito.
La Cassazione, quindi, ha confermato l’irrilevanza penale delle azioni commesse dall’ex amministratore, evidenziando peraltro che nella specie non era neanche ipotizzabile un eventuale concorso con il nuovo legale rappresentante poiché non era stato contestato.
Va ricordato che di recente la Cassazione, nella sentenza n. 30492/2015 (si veda «il Sole 24 Ore» del 16 luglio scorso), ha esaminato il caso speculare relativo al nuovo rappresentante legale, ritenendo che il liquidatore subentrato dopo la chiusura del periodo di imposta risponde dei reati dichiarativi solo se l’accusa dimostri che era a conoscenza delle violazioni precedentemente commesse.
Dalle due decisioni, quindi, si può desumere che in tema di reati dichiarativi: chi assume la rappresentanza legale di una società risponde del reato “predisposto” prima della sua gestione solo se viene provata la sua conoscenza dei fatti, chi è stato sostituito prima della presentazione della dichiarazione può rispendere solo a titolo di concorso, perché la violazione penale è ascrivibile in prima battuta esclusivamente a chi sottoscrive il modello.
Laura Ambrosi