IL SOLE 24 ORE
Cassazione. Per azioni contestate in un solo procedimento scatta la continuazione
Doppia violazione, niente tenuità del fatto
Roma. Il giudice può affermare l’esistenza del reato continuato, e dunque escludere la particolare tenuità del fatto per abitualità della condotta, anche basandosi su più azioni contestate nel solo procedimento preso in considerazione. La Corte di cassazione, con la sentenza 29897 depositata ieri, respinge una richiesta di applicazione dell’articolo 131-bis del Codice penale (Dlgs 28/2015) avanzata dal ricorrente, accusato di aver tolto per due volte i sigilli messi al suo appartamento sottoposto a sequestro penale.
I giudici, nel verificare le condizioni per applicare il nuovo istituto, individuano un ostacolo proprio nell’abitualità della condotta. La Suprema chiarisce che, mentre nel caso di un soggetto che sia stato dichiarato delinquente abituale si fa riferimento a condizioni specifiche di pericolosità che presuppongono un accertamento da parte del giudice, lo stesso non vale per chi è accusato di aver commesso più reati della stessa indole.
In quest’ultima ipotesi – precisano i giudici – non c’è nel testo della relazione che illustra la legge, alcun indizio dal quale sia possibile dedurre che l’indicazione di abitualità presupponga un pregresso accertamento in sede giudiziaria. Al contrario, secondo la Suprema corte sembra che si possa arrivare alla conclusione diametralmente opposta «con la conseguenza che possono essere oggetto di valutazione anche condotte prese in considerazione nell’ambito del medesimo procedimento». Una lettura che amplia ulteriormente il numero dei casi in cui il comportamento può essere ritenuto abituale «considerata anche la ridondanza dell’ulteriore richiamo alle condotte plurime, abituali e reiterate» e che consente di far scattare il semaforo rosso, previsto dal terzo comma, anche per i reati continuati.
Sulla scia di questa interpretazione a maglie strette la Cassazione afferma che nel caso esaminato, benché il reato contestato per la violazione dei sigilli (articolo 349 del codice penale) preveda una pena massima di tre anni, la strada della legge più favorevole è comunque preclusa dalle due azioni commesse in tempi diversi: una a febbraio 2007 e l’altra a giugno dello stesso anno. Patrizia Maciocchi