IL SOLE 24 ORE
Diritto penale. Le Sezioni unite chiariscono le conseguenze della sentenza della Corte costituzionale del 2014
Droga, depenalizzazione retroattiva
Irrilevanti le condotte con oggetto le sostanze previste dai «vecchi» atti amministrativi
Milano. La sentenza della Corte costituzionale del 2014 sugli stupefacenti, che ha imposto il ripristino della distinzione tra droghe leggere e pesanti, continua a dispiegare i suoi effetti. Sino a un’ampia abolitio criminis sancita ieri dalle Sezioni unite penali della Cassazione con la sentenza n. 29316. La pronuncia conclude che non hanno più rilevanza penale le condotte e neppure le relative condanne con oggetto le sostanze che via via sono state inserite nelle tabelle previste dalla vecchia disciplina nel periodo 2006-2014 (sino al 2 aprile 2014, per la precisione, quando sono entrate in vigore le misure d’urgenza prese dal Governo, con decreto legge, per fronteggiare le conseguenze del giudizio della Consulta).
Si tratta di alcune centinaia di sostanze che nel corso degli anni sono andate a riempire di contenuti, attraverso atti ammministrativi, una norma penale dai contenuti abbastanza vaghi. In sostanza, sottolineano le Sezioni unite, si è adottato un metodo che non trasgredisce i principio di legalità perchè, in realtà corrisponde alla necessità di un rapido adeguamento della disciplina penale ai cambiamenti scientifici e criminologici, ai quali la legge potrebbe non essere in grado di far fronte con tempestività.
Resta però da verificare, ed è oggetto di uno dei passaggi chiave della sentenza, se il verdetto della Corte costituzionale, oltre a travolgere le norme del Testo unico ha trascinato nell’illegittimità anche gli atti amministrativi a queste collegati. La risposta delle Sezioni unite è affermativa: «una diversa soluzione d’impronta sostanzialistica, determinando la sopravvivenza di atti amministrativi non più sorretti dalle norme di carattere direttivo che li avevano ispirati, determinerebbe sicura violazione del principio di legalità».
Subito dopo le Sezioni unite sciolgono altri due nodi, chiarendo, dopo una non facile ricostruzione del panorama normativo venutosi a creare, che le sostanze in discussione previste dai “vecchi” atti amministrativi bocciati dalla Consulta sono poi, almeno in larghissima parte, confluite anche nelle attuali tabelle.
L’altra questione risolta attiene alla possibilità di applicare retroattivamente la nuova incriminazione. La sostanza, il nandrolone, sulla quale era incentrato il procedimento arrivato in Cassazione è stata infatti compresa tra quelle che continuano ad avere una rilevanza penale. Le Sezioni unite che ricordano una tesi, fatta propria soprattutto dalla dottrina, ammette questa possibilità. In sintesi questa linea interpretativa ritiene che l’intervento del Governo del 2014 è ispirato dal proposito di evitare una frattura tra il prima e il dopo la sentenza della Corte costituzionale. Così, gli atti che continuano a produrre effetti sono i provvedimenti amministrativi travolti dalla Consulta: «tale “ripresa” non può che essere orientata alla permanenza della pregressa efficacia degli atti amministrativi. Si tratta di una disposizione transitoria volta a derogare ai principi di diritto intertemporale e segnatamente alla retroattività della norma penale più favorevole».
Tuttavia la conclusione delle Sezioni Unite è di segno opposto: la Corte costituzionale ha cancellato di fatto la disciplina del 2006, facendo venire meno l’oggetto materiale del reato, cioè il suo nucleo essenziale. Il nuovo inserimento delle sostanze nella tabelle attuali provoca nuove incriminazioni che non possono essere applicate per il passato. Giovanni Negri