CASSAZIONE: È stalking anche se non si cambia vita (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cassazione. Non serve che lo stato di ansia porti la vittima a un mutamento nello stile di vita
È stalking anche se non si cambia vita
Rientra nell’ambito della tutela anche lo sguardo insistente

Roma. Il reato di stalking c’è anche quando la vittima non cambia le sue abitudini di vita. Con la sentenza 35778 depositata ieri, la Cassazione chiarisce che gli atti persecutori prevedono eventi alternativi: perché scatti la condanna, non è necessario che allo stato di ansia e di paura indotti nella vittima si associ il mutamento di abitudini. Nel caso esaminato, in cui la persecuzione era stata messa in atto per questioni economiche e non “passionali”, basta lo stato d’animo indotto nella vittima e verificato non solo in base alla sua testimonianza, ma anche sulle affermazioni delle persone che erano vicine alla donna perseguitata.
Per la Suprema corte, la reazione della vittima può variare, come dimostrato da precedenti sentenze. Con la decisione 15603 del 2016, i giudici hanno confermato lo stalking anche quando il soggetto perseguitato reagisce: la “risposta” violenta non è infatti sufficiente ad escludere il timore per la propria incolumità. E non deve essere considerato indicativo neppure lo stile di vita. Per questo, la Suprema corte afferma la sussistenza del reato anche quando la persona destinataria delle pressioni cerca di “svagarsi” in discoteca (sentenza 48332).
Sullo stalking, che non di rado è l’anticamera di una violenza dalle conseguenze estreme, la Cassazione ha con il tempo stretto le maglie. Nel reato è rientrato anche il divieto di sguardo (sentenza 5664/2015), perché fissare negli occhi in modo intimidatorio, la persona che si dovrebbe evitare è un modo per minacciarla e intimorirla. In questo contesto, un avvertimento è stato però lanciato anche alle parti lese: non possono essere concilianti con i loro persecutori. Atteggiamenti di “apertura”, come ad esempio rispondere al telefono quando lo stalker chiama, può essere una mossa che lo salva dalla condanna (9221/2016).
Anche se in genere il volto dello stalker è quello di un ex e – qualche volta – anche di una ex, non sempre gli atti persecutori sono il risultato di una reazione patologica alla fine di un rapporto.
La Cassazione ha ormai bollato come stalking anche i continui dispetti e le pressioni esercitate dai vicini di casa. Lo stalking condominiale può portare la vittima a prendere tranquillanti e ad aver paura di uscire, come avvenuto nel caso esaminato con la sentenza 26878/2016. Per la Cassazione, tolleranza zero anche con i corteggiatori troppo pressanti che arrivano ad entrare di prepotenza in casa della donna desiderata. Con la sentenza 35353 del 23 agosto scorso, la Cassazione ha accolto il ricorso del Pg e della vittima contro la decisione del Gip di dichiarare il non luogo a procedere nei confronti del persecutore che aveva messo in atto un “assillante corteggiamento” fatto di telefonate e visite sgradite. Per il Gip, però, lo spasimante non era uno stalker e anche la violazione di domicilio poteva rientrare nel raggio d’azione della particolare tenuità del fatto. I giudici usano la mano pesante anche con il figlio che si accampa nel sottoscala di mamma e papà per chiedere continuamente soldi. Secondo la Suprema corte (sentenza 29705 del 13 luglio), il figlio , classe 1959, con il suo “bivacco” fisso intimoriva gli anziani genitori. Patrizia Maciocchi

Foto del profilo di Andrea Gentile

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