ITALIA OGGI
Sentenza della Corte di cassazione applica il nuovo codice deontologico forense
Evasore, ma sempre avvocato
Niente più sanzioni per il legale che non paga le tasse
Niente cancellazione dall’albo per l’avvocato evasore. Il nuovo codice deontologico forense, infatti, non prevede più sanzioni per il legale che non paga le tasse. E salva i procedimenti in corso alla data di in vigore del nuovo codice, il 15 dicembre 2014, perché a questi si applicano le disposizioni più favorevoli. Lo afferma la Corte di cassazione, con la sentenza n. 18394/2016, che ha stabilito il rinvio della causa al Consiglio nazionale forense affinché riformuli la sanzione. Entrando nel dettaglio, l’avvocato in causa si era reso colpevole dei reati di evasione di imposte ed effettuazione di prestiti, ma il procedimento penale era stato definito con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta estinzione dei reati per prescrizione. Nel contempo, però, veniva ritenuto responsabile dal Consiglio dell’ordine degli avvocati territorialmente competente della violazione dell’art. 15 del codice deontologico, applicando la sanzione della cancellazione dall’albo. Il ricorso dell’avvocato veniva poi rigettato dal Consiglio nazionale forense, motivo per cui il legale si è poi rivolto alla Cassazione. In particolare, secondo i giudici la sanzione applicata dal Cnf non tiene conto delle modificazioni introdotte dal codice deontologico forense che, ai sensi dell’art. 65, comma 5 della legge n. 247/2012 (nuovo ordinamento forense), si applicano anche ai procedimenti in corso se più favorevoli. Il nuovo codice, infatti, non prevede la sanzione della cancellazione e la sentenza impugnata «deve quindi essere cassata con riferimento alla sanzione applicata, con rinvio al Consiglio nazionale forense perché, in diversa composizione, provveda nuovamente in ordine al trattamento sanzionatorio applicabile per gli illeciti accertati». Quanto invece alla valutazione della sussistenza dei fatti addebitati, secondo la Cassazione la sentenza impugnata ha rilevato che la valutazione del Coa era scaturita dall’esame di copiosa documentazione acquisita nell’ambito delle indagini preliminari, non disconosciuta dallo stesso ricorrente, il quale aveva ammesso di aver percepito per gli anni 1998, 1999 e 2000 redditi di gran lunga superiori a quelli dichiarati. Motivo per cui, secondo i giudici, «appaiono prive di rilievo le censure svolte dal ricorrente in ordine a una asserita mancata ammissione di prove, avendo la sentenza impugnata dato atto che il Coa aveva concesso al ricorrente un termine per il deposito di una relazione tecnica, senza che a tale richiesta il ricorrente avesse poi dato seguito». Gabriele Ventura