ITALIA OGGI
La Cassazione su un caso di strumentalizzazione dei dati relativi alle disponibilità
Falso in bilancio ancora vivo
Perseguibile il manager che rappresenta poste fittizie
La legge anticorruzione, n. 69 del 2015, non alleggerisce il reato di falso in bilancio. Infatti, i manager che rappresentano disponibilità o liquidità fittizie, strumentalizzando dati veri, sono comunque penalmente perseguibili. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 46689 dell’8 novembre 2016, ha respinto, sul punto, il ricorso degli amministratori di una nota cooperativa emiliana.
Con oltre cento pagine di motivazioni i Supremi giudici hanno spiegato che «eliminato ogni riferimento a soglie percentuali di rilevanza (chiaro indice di un criterio valutativo agganciato al dato quantitativo), la nuova normativa affida al giudice la valutazione, in concreto, della incidenza della falsa appostazione o della arbitraria preterizione della stessa; dovrà dunque il giudice operare una valutazione di causalità ex ante, vale a dire che dovrà valutare la potenzialità decettiva della informazione falsa contenuta nel bilancio e, in ultima analisi, dovrà esprimere un giudizio prognostico sulla idoneità degli artifizi e raggiri contenuti nel predetto documento contabile, nell’ottica di una potenziale induzione in errore in incertam personam. Tale rilevanza, proprio perchè non più ancorata a soglie numeriche predeterminate, ma apprezzata dal giudicante in relazione alle scelte che i destinatari dell’informazione (soci, creditori, potenziali investitori) potrebbero effettuare, connota la falsità di cui agli artt. 2621, 2621 bis 2622 cod. civ. Essa, dunque, deve riguardare dati informativi essenziali, idonei a ingannare e a determinare scelte potenzialmente pregiudizievoli per i destinatari. Ovvio che tale potenzialità ingannatoria ben può derivare, oltre che dalla esposizione in bilancio di un bene inesistente o dalla omissione di un bene esistente, dalla falsa valutazione di un bene che pure è presente nel patrimonio sociale». Non solo. Dopo questi chiarimenti la quinta sezione penale ha inoltre affermato che, pur dopo le modifiche apportate dalla legge n. 69 del 2015, anche in tema di false comunicazioni sociali, il falso valutativo mantiene il suo rilievo penale.
Dello stesso parere la Procura generale del Palazzaccio che sul punto ha chiesto il rigetto del ricorso. Debora Alberici* *cassazione.net