CASSAZIONE: «Furto per fame non è reato». Cassazione, verdetto ribaltato (Il Messaggero)

IL MESSAGGERO

«Furto per fame non è reato»
Cassazione, verdetto ribaltato
Sentenza che fa discutere: «L`indigente che ruba il cibo non può essere punito»
Viene cancellata così la condanna inflitta in primo grado e in appello a un senzatetto

ROMA Un fatto non punibile, perché dettato da necessità. Con una sentenza sicuramente destinata a far discutere, la Quinta sezione della Cassazione ha stabilito che non «costituisce reato», ovvero ne è esclusa la punibilità, il comportamento di un clochard residente a Genova e straniero che aveva provato a superare la cassa di un supermercato pagando solo un pacchetto di
grissini ma nascondendo in tasca wurstel e formaggio per un valore di quattro euro.
A fare ricorso in Cassazione non è stato il giovane senza fissa dimora, Roman Ostriakov, ma il procuratore generale della Corte di Appello di Genova che chiedeva che l`imputato fosse condannato non per furto lieve, come
stabilito in primo e secondo grado, ma per tentato furto dal momento che l`uomo è stato bloccato prima di uscire dal supermercato, dopo essere stato notato da un cliente che aveva avvertito il personale vigilante. Una discussione dottrinaria che si è protratta per tre gradi di giudizio.
LA SENTENZA
La sentenza degli ermellini sceglie una strada diversa: dice che il fatto è consumato e non semplicemente tentato perché l`azione si è effettivamente completata. Ma invece di dire, come pure avrebbe potuto, che il fatto in se
è di lieve entità sceglie una strada più radicale – ma non è chiaro quanto e se costituirà un effettivo precedente – considerando la condizione di indigenza del clochard, uno «stato di necessità» che rende il fatto non punibile.
Come si legge nel testo, secondo i giudici, «la condizione dell`imputato e le circostanze in cui è avvenuto l`impossessamento della merce, dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad un`immediata, e imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità».
I PRECEDENTI
Finora, molto raramente la Cassazione aveva considerato l`indigenza uno stato di necessità. Per il codice penale, infatti, questo si applica solo a chi commette un fatto «costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo di grave danno alla persona». Il pericolo in questione deve essere anche «non altrimenti evitabile» e fino a ieri i supremi giudici avevano valutato che chi è estremamente povero può comunque rivolgersi alle istituzioni di assistenza
(la Caritas, le parrocchie, i centri comunali) per essere nutriti. In generale, non si verificava un pericolo «indilazionabile» capace di indicare un «bisogno
assoluto», perché finora i giudici avevano quasi sempre valutato, salve alcune rare eccezioni, che la «moderna organizzazione sociale» eliminava questo pericolo.
LE REAZIONI
Nel caso di Roman Ostriakov la Quinta sezione ha scelto diversamente
con una decisione sulla quale potrebbe aver inciso il fatto che il giovane è straniero e quindi potrebbe non aver saputo dell`esistenza di strutture sociali
dedicate all`assistenza. Sulla valutazione di «stato di necessità» potrebbe aver pesato anche il valore economico dei beni sottratti, visto che il codice penale parla di «proporzione» tra il pericolo e il fatto effettivamente compiuto.
Anche la procura generale presso la Cassazione aveva chiesto l`annullamento senza rinvio, come stabilito dal collegio presieduto da Maurizio Fumo e con relatore Francesca Morelli. Restano i dubbi, che forse saranno chiariti dalle motivazioni, sulla scelta di portare avanti per tre gradi di giudizio la discussione sul furto di merce del valore di quattro euro, con i costi amministrativi e il lavoro che ne conseguono.
Di sicuro, il verdetto costituisce un precedente che farà discutere. Sara Menafra

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