CASSAZIONE: Il calendario «gioca» per il fisco (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Il quadro. Passato un anno non resta che l’istanza di rimborso
Il calendario «gioca» per il fisco

Il contribuente può ritrattare la dichiarazione a suo favore soltanto entro l’anno successivo, utilizzando il credito che ne emerge in compensazione; l’amministrazione finanziaria può invece effettuare (ora) gli accertamenti entro il quinto successivo (tralasciando le precedenti disposizioni – interpretate spesso fantasiosamente da taluni giudici – sul raddoppio dei termini).
Se il contribuente vuol fare valere situazioni a suo favore oltre l’anno successivo, non gli rimane, quindi, che l’istanza di rimborso (ex articolo 38 del Dpr 602/1973), quando però ciò risulta possibile. Senza considerare che, di fronte ad un istanza di rimborso, segue spesso il diniego o il silenzio-rifiuto, per cui poi il contribuente si trova costretto ad andare davanti ai giudici tributari (magari fino in Cassazione).
Questo il desolante “specchio”, derivante dalla sentenza a Sezioni unite 13378/16 della Corte di cassazione, in cui risulta riflessa l’immagine di un sistema fiscale poco credibile e sul quale aleggia, inesorabile, la “solita ombra” delle esigenze di cassa.
Viene da chiedersi il senso della lettura che dà la Corte di cassazione alla previsione dell’articolo 2, comma 8, del Dpr 322/1998, la quale dispone la possibilità di rettifica della dichiarazione entro i termini di decadenza dell’azione di accertamento. Secondo la pronuncia depositata ieri, la norma consente la rettifica soltanto nelle ipotesi a sfavore del contribuente. Ebbene, si vorrebbe conoscerlo questo contribuente che presenta una dichiarazione magari al quarto anno successivo “prendendosi” le sanzioni piene, quando il panorama tributario è costellato da riduzioni sanzionatorie di ogni tipo. Basti pensare che il ravvedimento operoso (articolo 13 del Dlgs 472/1997) consente di presentare una dichiarazione integrativa entro gli stessi termini di decadenza dell’azione di accertamento, fruendo di riduzioni sanzionatorie abbondantemente ridotte.
La Cassazione a Sezioni unite ha perso quindi una grande occasione di dare un pochino di credibilità al sistema, in particolare al “disallineato” rapporto tra Fisco e contribuente, riconoscendo, come molte sentenze avevano già fatto, che la dichiarazione emendata a favore del contribuente entro l’anno successivo consente l’utilizzo del credito che ne emerge in compensazione (articolo 2, comma 8-bis, del Dpr 322/1998), mentre successivamente la rettifica a favore non consente la compensazione (articolo 2, comma 8, del Dpr 322/1998). Si tratta di un principio che – oltreché dalla norma attuale – deriva indirettamente dall’(allora) ispirato precedente 15063/2002 della stessa Corte di cassazione a sezioni unite, con il quale venne stabilito che un sistema legislativo che non consentisse la rettificabilità della dichiarazione anche nelle ipotesi di favore per il contribuente darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito, non compatibile con il principio di capacità contributiva.
Non si può pensare che tali fondamentali principi risultino rispettati solamente se il contribuente adempie alla rettifica a suo favore entro il tempo strettissimo della dichiarazione successiva (mentre i tempi a disposizione dell’Agenzia per effettuare gli accertamenti sono molto più ampi).
Senza contare che la stessa Agenzia delle entrate è andata oramai già oltre nella vicenda, riconoscendo la ritrattazione a favore anche oltre l’anno successivo prima per gli errori contabili (circolare 31/E/2013) e poi, con circolare 3/E/2014 – paragrafo 5 – anche per vicende non di tipo contabile (anche se di quanto affermato nella circolare 3/E/2014 se ne sono accorti in pochi). Dario Deotto

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