IL SOLE 24 ORE
Cassazione. Riconosciuto il nuovo status: compagno more uxorio parificato al coniuge
Il convivente extra-Ue non può essere espulso
Roma. Il contratto di convivenza disciplinato dalla nuova legge sulle unioni civili, impedisce di espellere lo straniero, convivente con una cittadina italiana, che deve ancora scontare una parte di pena per una condanna. La Corte di cassazione, con la sentenza 44182 depositata ieri, annulla con rinvio il provvedimento del Tribunale di sorveglianza che aveva adottato la misura dell’espulsione in alternativa alla detenzione. Una misura basata sull’orientamento maggioritario espresso dalla Suprema corte, secondo il quale la convivenza more uxorio non blocca l’espulsione. Per la Cassazione, il principio deve ritenersi superato alla luce della legge 76/2016, che non può essere ignorata. I giudici della prima sezione penale danno il giusto rilevo alla nuova disciplina che, ricordano «è stata giustamente accolta dall’opinione pubblica, dagli operatori e dai teorici del diritto come disciplina epocale». Una norma con la quale sono state riconosciute dall’ordinamento e regolate positivamente le unioni tra persone dello stesso sesso e, con esse, anche quelle di fatto tra eterosessuali. Per i giudici lo scopo perseguito dal legislatore è quello di parificare, «pur distinguendo le relative discipline positive e specifiche la nozione di coniuge con quella di persona unita civilmente». Obiettivo raggiunto introducendo a fianco del matrimonio regolamentato dal Codice civile (articolo 82 e seguenti), il cosiddetto contratto di convivenza. La legge inoltre – sottolinea la Cassazione – stabilisce il principio generale secondo il quale, quando nelle leggi dello Stato compare il termine “coniuge” questo deve intendersi riferito anche alla persona civilmente unita a un’altra con il contratto di convivenza. La stessa parificazione, come espresso nel comma 38 dell’articolo 1, esiste per quanto riguarda le facoltà riconosciute al coniuge dall’ordinamento penitenziario. Della presa d’atto beneficia il ricorrente colpito dall’ordinanza di espulsione, un atto obbligatorio, secondo il giudice di sorveglianza «quale misura sostitutiva da applicarsi nell’ultimo biennio di pena ai condannati privi di titolo di soggiorno». L’immigrato, in Cassazione si era giocato, documentandola, la sua convivenza more uxorio con una cittadina italiana.
Per la Suprema corte non si può dunque negare al ricorrente, alla luce delle nuove regole la possibilità di acquisire lo status familiare riconosciuto dalle legge. La Cassazione precisa che sarà compito dei giudici stabilire se la causa ostativa, rappresentata dalla legge sulle unioni civili, sia «sussistente o meno quando l’espulsione viene messa in esecuzione» Patrizia Maciocchi