CASSAZIONE: Il giudice a quo determina l’ultrattività del rito (Italia Oggi Sette)

ITALIA OGGI SETTE
Il giudice a quo determina l’ultrattività del rito
Lun.11 – È l’enunciazione della natura della causa da parte del giudice a quo, attraverso l’adozione di un certo rito, che determina la c.d. ultrattività di quest’ultimo, ossia l’adozione delle sue forme anche per l’impugnazione o l’opposizione. Lo hanno affermato i giudici della prima sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza n. 10927 dello scorso 26 maggio. I giudici di piazza Cavour hanno altresì evidenziato nella sentenza in commento che per quanto riguarda il rito del lavoro l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dall’opponente (che però ha la veste sostanziale di convenuto) deve avere il contenuto della memoria difensiva ai sensi dell’art. 416 c.p.c. e quindi l’opponente sarà chiamato a compiere tutte le attività ivi previste, a pena di decadenza. Il ricorrente sarà quindi tenuto a proporre per mezzo dell’opposizione: le eccezioni processuali e di merito, non rilevabili d’ufficio, e le domande riconvenzionali, oltre a indicare i mezzi di prova e produrre i documenti, non diversamente da quanto è previsto per ogni convenuto nel rito del lavoro (Cass. 1458/2005, 13467/2003, 3115/1998).
Il thema decidendum sul quale gli Ermellini sono stati chiamati a esprimersi era il seguente: il presidente del Tribunale con decreto ingiunse a Caio il pagamento, in favore di Tizio e Sempronio a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento commerciale e di un’altra somma a titolo di penale, in relazione alla cessazione di un contratto di affitto di azienda stipulato tra il Caio stesso, quale concedente, e la Alfa s.n.c., quale affittuaria, società cui erano subentrati gli intimanti a seguito del suo anticipato scioglimento. Con atto di citazione notificato Caio propose opposizione, contestando le pretese avversarie e chiedendo, in via riconvenzionale, il risarcimento del danno per la perdita di valore dell’azienda conseguita all’interruzione della sua gestione. Il Tribunale, dopo aver disposto la trasformazione del rito in rito speciale del lavoro, trattandosi di controversia locatizia, dichiarava inammissibile l’opposizione – e con essa anche la domanda riconvenzionale – per tardività, dato che entro i 40 giorni dalla notifica del decreto l’atto di opposizione era stato bensì notificato, ma non anche depositato in cancelleria. La Corte d’appello, adita con gravame del soccombente, confermava la decisione del primo giudice. Angelo Costa

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