CASSAZIONE: Il professionista cessa l’attività ma l’Iva resta (Il Sole 24 Ore)

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Cassazione. Per le Sezioni unite conta il momento in cui la vecchia prestazione è stata effettuata
Il professionista cessa l’attività ma l’Iva resta

I compensi per prestazioni professionali incassati successivamente alla cessazione dell’attività sono rilevanti ai fini Iva: il fatto generatore dell’imposta deve essere, infatti, identificato con l’effettuazione del servizio e non con il momento del pagamento da parte del cliente. A chiarire questo principio sono le Sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 8059 depositata ieri.
La vicenda riguardava alcuni compensi riscossi da un architetto dopo la cessazione della propria attività: secondo l’amministrazione finanziaria, dovevano essere assoggettate ad Iva, mentre il professionista, avendo chiuso la partita Iva precedentemente all’incasso, li aveva trattati come redditi diversi e quindi fuori dal campo di applicazione dell’imposta.
Sia la Commissione tributaria provinciale sia quella regionale confermavano le ragioni del contribuente, annullando l’atto impositivo. L’agenzia delle Entrate ricorreva per cassazione, lamentando che il giudice di appello non aveva considerato che la cessazione dell’attività professionale non escludeva la regolare fatturazione delle somme percepite, imponibili all’atto della loro maturazione, e comunque inerenti all’attività esercitata in passato.
I giudici di legittimità, con l’ordinanza 24432/2014, rimettevano la questione alle Sezioni unite, non avendo riscontrato precedenti giurisprudenziali. Evidenziavano che, dalla lettura dell’articolo 6 del Dpr 633/1972, le prestazioni di servizio si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo.
Le Sezioni unite hanno innanzitutto rilevato che una simile interpretazione della norma nazionale risulterebbe in contrasto con le direttive comunitarie. Sia la sesta direttiva Iva (77/388/Cee) sia l’attuale (2006/112/Ce) distinguono in relazione all’imposta tre diversi momenti:
il fatto generatore, ossia l’evento che fa scaturire l’obbligazione tributaria e l’imponibilità;
l’esigibilità, ossia la possibilità per l’erario di pretendere l’imposta incassata dal contribuente;
il pagamento.
Con riguardo al fatto generatore, in entrambe le direttive, è precisato che si identifica con l’effettuazione della cessione di beni ovvero con la prestazioni di servizi, il cui verificarsi determina anche l’esigibilità dell’imposta. L’ordinamento comunitario vincola così l’imponibilità Iva non al pagamento del corrispettivo, ma al materiale espletamento della prestazione. Dinanzi a tali precise indicazioni, la norma nazionale, secondo le Sezioni unite, va necessariamente interpretata nel senso che per le prestazioni di servizio, il presupposto impositivo – e con esso l’insorgenza dell’imponibilità ai fini Iva – si verifica con l’esecuzione della prestazione.
Il momento dell’incasso del compenso rappresenta, così, esclusivamente il limite temporale estremo per l’adempimento dell’obbligo di fatturazione.
Pertanto, l’incasso conseguito dopo la cessazione dell’attività professionale deve ritenersi assoggettato ad Iva, poiché riferito ad una prestazione eseguita nel corso dello svolgimento dell’attività stessa. Solo con una simile interpretazione, continua la sentenza, è assicurato il rispetto del principio di neutralità: il professionista, infatti, durante la propria attività inquadrata in regime Iva, ha detratto l’imposta sugli acquisti e, pertanto, risulta oltremodo corretto applicare l’Iva sulla prestazione eseguita, anche se incassata oltre la data di cessazione.
Il chiarimento è importante, poiché non vi sono decisioni sul punto. Si pongono tuttavia questioni procedurali che le Sezioni unite non hanno considerato: il professionista che intende cessare la propria attività, scartata l’ipotesi che possa emettere una fattura successivamente, dovrà verosimilmemte fatturare tutte le prestazioni eseguite anche se non incassate e poi apportare le opportune rettifiche ai fini delle imposte dirette. Così facendo, però, anticipa il pagamento dell’Iva che, se successivamente non incassata, occorrerà poi comprendere se e come recuperare dall’erario. Laura Ambrosi

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