IL SOLE 24 ORE
Regole comuni. Può essere imposto il rispetto delle linee estetiche dell’edificio
Il regolamento detta legge sul «decoro architettonico»
Opere vietate anche se conformi alle norme urbanistiche
Il regolamento di condominio «contrattuale» (predisposto dal costruttore o dall’originario unico proprietario e allegato ai singoli atti di acquisto), al pari di quello adottato in assemblea con il voto favorevole di tutti partecipanti al condominio, può anche derogare alla disciplina imposta per legge, sia con riferimento ai beni comuni che alla proprietà privata dei singoli condòmini.
Quindi, secondo la Cassazione, un regolamento di condominio ben può dare una interpretazione più restrittiva del concetto di decoro architettonico, per come delineato dall’ultimo comma dell’articolo 1120 del Codice civile, per cui «sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino». Pertanto, risulta legittima la clausola del regolamento contrattuale di condominio che imponga il mantenimento delle linee estetiche e della regolarità dell’immobile, per come originariamente edificato.
La vicenda
Tanto ha stabilito la II sezione civile della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10272, pubblicata il 18 maggio, in una controversia che vedeva contrapposto un condòmino il quale chiedeva la rimozione di un piccolo vano realizzato dal proprio dirimpettaio, all’interno della sua proprietà, data la contrarietà dell’opera al vigente regolamento condominiale.
Sia la Corte d’Appello di Napoli che la Suprema Corte, con la citata sentenza, confermavano la decisione con la quale era stato disposto il rispristino dello stato dei luoghi, con la rimozione dell’opera realizzata in violazione alle norme regolamentari.
La pronuncia
Ma la Cassazione ha rilevato come: «il regolamento del condominio abbia inteso limitare le innovazioni anche oltre la previsione di cui all’articolo 1120 del Codice civile avendo subordinato all’autorizzazione dell’assemblea ogni lavoro che interessasse “comunque” la stabilità, l’estetica e l’uniformità esteriore dei singoli fabbricati. La clausola in questione, che prescinde da una vera e propria alterazione del decoro architettonico, vieta ai condòmini, in assenza di autorizzazione assembleare, qualsiasi lavoro che interessi “comunque”, oltre all’estetica, anche l’uniformità esteriore dei singoli fabbricati».
Peraltro, sottolinea la Corte di Cassazione, bene ha fatto il giudice di merito ad esprimere in sentenza il proprio dissenso rispetto alle conclusioni a cui era pervenuto il consulente tecnico nominato da Tribunale, al quale peraltro è fatto divieto di esprimere valutazioni riservate al Giudice. Paolo Accoti