CASSAZIONE: Il volere del figlio vince tutto (Il Sole 24 Ore)

ITALIA OGGI

 

 

 

La Cassazione interviene sulla decisione di una quindicenne di non vedere più il padre

Il volere del figlio vince tutto

Tribunale e assistenti non possono coartare il minore

 

 

La volontà del figlio adolescente «trascurato» dal padre giustifica l’interruzione degli incontri con il genitore. Con la sentenza n. 2010 depositata il 7 ottobre 2016, la Corte di cassazione consolida l’orientamento da tempo prevalente sia in campo internazionale che nazionale, che pone la volontà del minore al centro delle decisioni relative ai conflitti genitoriali in ordine all’affidamento dei figli.

Nel caso oggetto della sentenza in esame, protagonista della controversia tra i genitori è una figlia di 15 anni.

Il padre, infatti, ha lamentato sia avanti la Corte d’appello sia nel proprio ricorso per Cassazione, di esser stato ostacolato dalla madre nella relazione e nei rapporto con la propria figlia e di non avere i servizi, sociali, incaricati dal tribunale di gestire la situazione e favorire gli incontri tra il padre e la minore, di non avere monitorato né fatto nulla in tal senso, tanto da favorire l’opera di induzione alla negazione della figura paterna nella minore da parte della madre, responsabile di avere provocato l’interruzione degli incontri in ambiente neutrale e degli incontri psicologici di sostegno che già erano stati disposti dal Tribunale in sede di separazione.

Osserva, invece, la Cassazione, confermando la decisione della Corte d’appello, che la valutazione della questione va incentrata sulla volontà della figlia, ormai quindicenne, che aveva espresso una posizione chiara ed adeguatamente argomentata circa la sua indisponibilità attuale a partecipare a un progetto di riavvicinamento con il padre.

Nella relazione depositata dai Servizi sociali, infatti, emergeva che la ragazzina aveva dichiarato di essersi sentita ferita dalla poca attenzione dedicatale dal padre il quale, nel corso degli ultimi anni, si era limitato a mandarle degli sms ed a effettuare solo alcune sporadiche telefonate.

Ne conseguiva la espressa volontà della minore che il rapporto con il papà riprendesse eventualmente solo su una base volontaristica e spontanea senza alcuna imposizione in tal senso da parte di tribunali o servizi sociali.

La figlia, in sostanza, desiderava e aspettava una «prova di interesse sincero ed amorevole» da parte del padre.

Corretto, dunque, per gli Ermellini prevedere che i servizi monitorassero la situazione al solo fine di riprendere i contatti con il padre laddove la figlia ne avesse fatto richiesta ed offrendo, al contempo, al genitore un supporto per individuare la migliore strategia per recuperare a relazione con la figlia.

Ancora una volta, dunque, si conferma la centralità della valutazione dell’interesse del minore attraverso la valorizzazione della sua volontà e della sua capacità di autodeterminazione.

Il diritto del minore ad «avere voce», così come sancito dalle Convezioni internazionali e dalla ormai predominante giurisprudenza europea e nazionale, dovrebbe anche indurre il genitore, a parere dei giudici, ad assumere su di sé la responsabilità di attivarsi per il recupero effettivo con il figlio che, a maggior ragione se adolescente, ha chiaramente manifestato tale desiderio e tale aspettativa.  Marta Rovacchi 

Foto del profilo di Andrea Gentile

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